Merima Sabanovic, a Pesaro, è per tutti "Miss Sarajevo". Titolare del ristorante di cucina tipica bosniaca in via Abbati se volesse potrebbe aprire in via Branca o in via Rossini, anche con l’entrata in vigore del nuovo regolamento del decoro urbano. Infatti il provvedimento non cassa i ristoranti, ma le gastronomie etniche "con cibo d’asporto che non facciano parte del patrimonio culturale enogastronomico locale e nazionale". Insomma il codice ateco 56.10.20. Miss Sarajevo ride. "Vero, ma la gente cosa ne sa del codice ateco? Se dici che un kebab non potrà più aprire perché non è cucina italiana, è chiaro che il rischio di passare per razzista c’è. Le ragioni per cui locali di fast food, finger food o di street food non potranno più nascere lungo gli assi centrali della città andavano spiegate meglio per evitare i fraintendimenti che ci sono stati". In generale ritiene che escludere bazar e asporto etnico dal cardo e dal decumano della città sia razzismo? "Personalmente da parte del Comune ho avuto sempre il massimo sostegno: no, non direi razzista. E’ comunque una decisione molto limitante: siamo nel 2022, la città è già multietnica". Ritiene che imporre la traduzione in una lingua comunitaria su insegne del negozio a fronte di espressioni incomprensibili per chi non conosce l’indiano, cirillico, cinese... sia razzismo? "No. È solo un fatto di praticità usare lingue più conosciute per le insegne del locale, ma l’imprenditore per incentivare la clientela e non solo i propri compaesani, lo fa da solo. Non deve essere imposto". I cevapcici – piccole salsicce con panino e salsa e cipolla fresca – sarebbero perfetti come finger food... "Certamente: rispetto ad avere un ristorante, il fast food è molto più conveniente. E’ un investimento di tutt’altro ordine. Per questo dico che per un imprenditore nel 2022, quella posta dal Comune, è una limitazione. ...
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