Pesaro, ragazzo trovato in una pozza di sangue. "Indagate sulla morte di mio figlio"

Il padre, ufficiale dei carabinieri, non crede al suicidio. La Procura di Urbino riapre il caso

Il ragazzo è morto poco dopo senza riprendere coscienza

Il ragazzo è morto poco dopo senza riprendere coscienza

Pesaro, 11 maggio 2018 - La madre non lo trovava da ore. Telefono muto, nessun amico né la fidanzatina lo aveva visto. Lui, Alessandro Faraoni, 25 anni, studente di agraria ad Ancona, era agonizzante nella casa di campagna a Isola di Fano, nel comune di Fossombrone. A terra, la calibro 38 del padre mentre una pozza di sangue fuoruscito dalla ferita dietro all’orecchio destro, aveva coperto la stanza. Era l’otto febbraio scorso. Alessandro morirà pochi giorni dopo, senza aver ripreso conoscenza. La procura di Urbino lo definì, dopo l’accertamento dei carabinieri, un evidente suicidio. Non sono stati rinvenuto biglietti. Ma ora, a distanza di tre mesi, l’indagine è stata riaperta su impulso dei genitori.

Il padre, il colonnello dei carabinieri Franco Faraoni, 60 anni, oggi Capo di Stato maggiore del comando della legione carabinieri Marche, non ci sta. Prima vuol capire di più sulla morte del figlio che aveva tutto ciò che la vita poteva offrirgli: una famiglia solida, l’amore per la campagna e la tenuta di Isola del Piano che adorava, lo studio che più gli piaceva, la compagnia di amici sia ad Ancona che a Fossombrone, una storia sentimentale che tra alti e bassi stava continuando.

Perché ammazzarsi? Iil colonnello, dopo aver preso un periodo di congedo dal lavoro, ha bussato alle porte di chi è accorso per primo, di chi poteva aver visto qualcuno vicino all’abitazione, ha cercato di capire perché certe persone a lui sconosciute si trovassero pochi attimi dopo il ritrovamento del figlio agonizzante dentro il recinto della casa, quando ancora era arrivata a malapena l’ambulanza. E poi la testimonianza della loro donna di fiducia, che ha scoperto Alessandro in fin di vita. Si chiama Maria Grazia Cini, è una donna diretta e con memoria fotografica: ha fornito elementi che il papà del giovane non sottovaluta.

Ieri siamo andati a casa della signora, che ha confermato alcune ‘anomalie’: «Quando sono entrata nella casa con delle chiavi di riserva, dopo aver visto le luci accese, ho avuto la sensazione che ci fosse qualcuno o che ci fosse appena stato. Poi al piano di sopra ho trovato a terra Alessandro, che respirava affannosamente. Gli ho toccato la testa e ho visto la mia mano piena di sangue. Nell’altra mano avevo al telefono la mamma che lo cercava. E’ stato tremendo. Qualche ora più tardi, mentre ripulivo la stanza, ho ritrovato la pallottola conficcata nella finestra, ad un’altezza di un metro e mezzo. Ma dopo qualche giorno mi è tornato in mente che poco prima di arrivare alla casa ho incrociato una Punto bianca che stava filando via o quasi e credo che avesse le luci spente poco prima di vedermi arrivare. Mi ha stupito ma poi non mi ero ricordata di dirlo subito. E non mi so spiegare perché Alessandro avesse un occhio nero, da pugno in faccia, mentre il resto del viso era perfetto».

Anche la perizia balistica rappresenta per i genitori del ragazzo una inderogabile attività investigativa da compiere. La traiettoria del proiettile non convince. Tutti elementi con i quali i genitori del ragazzo hanno formato un dossier consegnato alla procura di Urbino.

Il pm Irene Lilliu ha riaperto il caso facendo accertare ai carabinieri i punti sollevati dal colonnello Faraoni. E la signora Maria Grazia è stata chiamata di nuovo. sul posto, a ripetere tutto quello che aveva fatto e visto quella sera: «Io non ci credo che si sia ammazzato» ha ripetuto decisa.