Ricci: il dramma di essere come gli altri

Bisogna riconoscere al sindaco Matteo Ricci che l’estate pesarese è da togliere il fiato: un festival dietro l’altro, vecchi e nuovi, di varia natura, che riempiono piazze e strade, fanno divertire e riflettere, ballare e cantare. Difficile trovare un organizzatore e attrattore di eventi meglio di lui. Si sa invece che il suo cruccio sono i lavori pubblici, non è una novità. Lunedì scorso in consiglio comunale gli è uscita questa frase riferendosi al vecchio palas: «A Pesaro le incompiute non si fanno». Che si può liberamente tradurre più o meno così: «Non si fanno incompiute nella città di cui io sono sindaco".

Ricci, lo sappiamo bene, è veloce di pensiero e soprattutto velocissimo di parola, ma dopo i suoi pensieri e le sue parole arriva la lentezza elefantiaca dei fatti. Non succede solo qui, capita dappertutto. Chiunque conosca le vicende di città più o meno vicine alla nostra provincia (forse esclusa Rimini nell’era Gnassi), sa che in ognuna di esse c’è una piscina, una bretella, una circonvallazione, un palazzetto sui quali i giornali locali hanno scritto fiumi di parole ma non si sono mai visti un’impalcatura e un muratore. Manco l’ombra. Se ritorni in quelle città dopo dieci anni ti sembra che il tempo si sia fermato: si sta ancora lì a parlare della piscina, della bretella, della circonvallazione e del palazzetto. A Pesaro è la stessa identica cosa: se uno se n’è andato una decina d’anni fa e tornasse oggi, sentirebbe parlare come allora del vecchio palas, del casellino, delle circonvallazioni e via via fino all’ex tribunale. Con una differenza: che in questi dieci anni Ricci ha annunciato che il vecchio palas (i cui costi sono passati da 3,5 a 9 milioni) sarebbe finito nel 2016, nel 2017, nel 2018, nel 2019, e poi, saltando il disgraziato 2020, nel 2021. Nel 2022 l’annuncio ce l’ha risparmiato. Disse anche, tra le tante cose, che la rivoluzione delle opere compensative per la terza corsia dell’autostrada si sarebbe compiuta entro il 2017.

Ecco, la differenza a sfavore di Ricci è questa: lui, che è appunto velocissimo di parola, di lavori ne annuncia talmente tanti e talmene tanto spesso che alla fine il risultato sembra ancora più scarso. Se poi vogliamo allargare il quadro, ci sono anche quelle opere nate e morte in un post su Facebook: per esempio il concorso internazionale per rifare la facciata del palazzo comunale: durò una mattinata e non se ne parlò più. A Pesaro magari non ci saranno davvero opere incompiute come dice Ricci, ma non sono nemmeno compiute. E quando lo saranno – se lo saranno – il tempo trascorso dal primo annuncio sarà calcolato in lustri o in decadi. Il vero dramma del sindaco che vive da primo della classe, in tutto questo, è essere in realtà come gli altri.