Ritrovato lo Schifano “smarrito“

Nel 1964 si persero le tracce di un’opera mandata alla Biennale di Venezia. Ora è a Urbino, per restauri

Ritrovato lo Schifano “smarrito“

Ritrovato lo Schifano “smarrito“

di Francesco Pierucci

Lo Schifano ritrovato. Potrebbe essere il titolo di un romanzo giallo di grido internazionale ma invece è realtà. Un quadro del più grande artista italiano della pop art, Mario Schifano (1934 - 1998), si credeva perduta per sempre e invece sta per tornare alla luce nei laboratori della Scuola di Conservazione e Restauro di Urbino. “Parte superiore“ è il nome dell’opera realizzata nel 1964 dall’artista romano (anche se nato in Libia da genitori di origine siciliana) e ora inviata a Urbino per essere studiata al microscopio ed essere sottoposta a una serie di indagini diagnostiche, finalizzate alla conoscenza dei materiali costitutivi, i cui dati consentiranno la progettazione dell’intervento conservativo. Alcuni lacerti di carta, bianchi e azzurri, sarebbero l’indizio che hanno portato al ritrovamento e che hanno attirato il collezionista nell’acquisto.

L’opera proviene dalla collezione Domenico Catanese che con l’Università di Urbino ha un rapporto da tempo consolidato. Molte opere di Schifano sono già passate nel laboratorio di arte contemporanea, dove gli studenti hanno la possibilità, sotto la guida della restauratrice Mariella Gnani, che della collezione Catanese è conservatrice, di studiare e preparare il loro futuro di conservatori. La vicenda storica della tela in arrivo in città inizia negli Stati Uniti, in particolare a New York quando l’artista si trasferisce da Roma per iniziare l’avventura americana. A metà anni Sessanta realizza delle opere che invia poi alla Biennale di Venezia su invito di Maurizio Calvesi. La prima intitolata “I remember Giacomo Balla“, 1964, smalto e graffite su carta intelata, la seconda “Parte superiore“,1964, smalto e graffite su carta intelata, riprodotta nel catalogo della Biennale con titolo e tecnica sbagliata, “Beebe’s Garden Summer Morning“, che in realtà e il titolo della terza opera inviata. “Parte superiore“, che era l’opera centrale, e composta da due pannelli orizzontali, di cui si erano perse le tracce, sappiamo, dallo scambio epistolare tra Calvesi e Schifano, che era stata realizzata utilizzando carta incollata sulla tela e dipinta con colori azzurro per il cielo e bianco per le nuvole.

"La tela in arrivo ad Urbino, il cui soggetto rappresenta uomini in movimento, riporta lacerti di carta con tracce di colore azzurro e bianco, ottenuti dalla rimozione a strappo di fogli più ampi su cui l’artista è intervenuto con il disegno. Il telaio di sostegno riporta l’etichetta della Biennale del 1964 – spiega la professoressa e restauratrice Mariella Gnani –. Si tratta dunque di uno dei pannelli che componevano l’opera centrale ritratta da Mulas che Schifano ha riutilizzato cambiandone il verso e disegnando le figure in movimento. L’indagine da parte di un restauratore dei materiali costitutivi di un’opera, con le appropriate ricerche delle fonti e degli archivi, con la comparazione attraverso dei procedimenti digitali dei segni, delle dimensioni dei lacerti come in questo caso, possono contribuire alla riscoperta di opere la cui presenza era divenuta sconosciuta. L’opera che abbiamo adesso è quindi uno dei due pannelli che componevano l’opera più grande ed è a tutti gli effetti un’opera compiuta. Mentre l’altra parte non si sa dove sia. La ricerca è stata molto lunga, mi sono seccata all’Asac (l’archivio storico della Biennale di Venezia) a controllare etichette e registri assieme al collezionista che si dedicata alla ricerca e alla conservazione", conclude Gnani.

Francesco Pierucci