"Salvammo i bronzi col buonsenso"

Il senatore Giorgio Tornati ieri è andato a Pergola, dove 30 anni fa, con l’onorevole Rubinacci, murò il museo.

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Se i bronzi dorati di Pergola sono dove stanno ora, è anche merito del senatore Giorgio Tornati e della sua battaglia fatta negli anni Ottanta a favore di Pergola. Ieri, un giorno d’estate come altri, quasi per caso è tornato a rivedere luoghi e opere per le quali ha combattuto. I Bronzi erano lì, nel museo, in attesa di una visita rinviata per decenni.

Partiamo da quel 17 febbraio 1989, che ricordi ha?

"Cadeva di venerdì, ero rientrato da Roma e su invito dei miei referenti del territorio andai a Pergola per dare un supporto alla loro lotta. Già da diverse settimane vi era un presidio di cittadini a guardia dei Bronzi Dorati per evitare che le statue venissero portate via. Quando arrivai ricordo centinaia di manifestanti che stazionavano di fronte all’attuale museo, si davano il turno giorno e notte. Vi era addirittura una tenda con tanto di cuoca dove i cittadini si potevano rifocillare".

Come nacque l’idea di murare i bronzi dorati?

"In realtà fu più un gesto simbolico e quasi casuale. Io e l’onorevole Giuseppe Rubinacci (lui era del Movimento Sociale Italiano, io del Partico Comunista) ci ritrovammo a Pergola ma non avevamo concordato niente. Quando arrivammo il muro era già stato costruito quasi completamente. Noi ci limitammo a prendere la cazzuola in mano a favore delle telecamere e a dichiarare il nostro impegno per questa battaglia".

Un senatore comunista e un deputato missino uniti nella stessa battaglia. Ancora oggi appare inimmaginabile.

"Sì, sicuramente il gesto passò alla storia. Rubinacci, quando ero sindaco di Pesaro, era stato sempre un forte oppositore della mia amministrazione ma vi era anche un grande rispetto per l’avversario politico. Ognuno aveva le sue idee, ma quando bisognava pensare al bene del proprio territorio l’atteggiamento di tutti era lineare. Presentai un disegno di legge per lasciare i Bronzi a Pergola. Ma sia io che Rubinacci, seppur su fronti diversi, eravamo all’opposizione e così mandai avanti il senatore Giovanni Maria Venturi della Democrazia Cristiana, all’epoca al Governo. In politica se vuoi raggiungere determinati obiettivi alla fine devi anche rinunciare al protagonismo. Fra i firmatari vi era anche Giulio Carlo Argan (critico d’arte, fu il primo sindaco di Roma non democristiano, ndr), una figura culturale di peso. Intercettai il suo appoggio durante una seduta fiume in Senato per l’approvazione della legge finanziaria. Alla fine la proposta di legge scatenò un dibattito che, nelle Marche, ha portato alla creazione del cosiddetto museo diffuso".

Per quel muro vi furono anche ripercussioni giudiziarie...

"Sì, una decina di persone, fra le quali me e Giuseppe Rubinacci, furono accusate di interruzione di pubblico servizio. Il magistrato additò noi parlamentari di quel gesto perché godevamo dell’immunità. Entrambi gli rispondemmo che non c’entrava niente, difendevamo solo il nostro territorio. Alla fine l’accusa cadde anche perché vi era un ingresso secondario, non murato. Conseguentemente il reato non sussisteva".

Che cosa ha provato a rivedere i Bronzi Dorati?

"Una sensazione straordinaria, bellissima. Quando ho telefonato per prenotare la visita non mi aspettavo si ricordassero di me. Confesso di essermi emozionato per l’affetto che mi è stato dimostrato e per l’accoglienza da parte dell’amministrazione comunale e di tutto lo staff del museo. Pensi che avevo visto le statue, velocemente, solo allora. Mi ero riproposto di tornare a Pergola tante volte. Dopo trent’anni, finalmente, ci sono riuscito".

Che ne pensa dell’allestimento di Paco Lanciano?

"Meraviglioso. La proiezione multimediale valorizza le statue al meglio. Ma quello che mi ha colpito è tutta la struttura museale. Oltre alla sezione archeologica vi è una sezione pittorica di assoluto rilievo. Una delle obiezioni principali nell’assegnare i bronzi a Pergola era che sarebbero stati in mezzo al nulla. In realtà non è così".

Federico Temperini