San Crescentino prende per la mano Salvucci

L’emozionante prima processione del nuovo arcivescovo: tutti gli occhi puntati sul prelato. La folla ha guidato ritmi e pause del rito

San Crescentino prende per la mano Salvucci

San Crescentino prende per la mano Salvucci

di Giovanni Volponi

La ricorrenza di san Crescentino, da sempre l’evento religioso più sentito per gli Urbinati, è un momento in cui da secoli, ognuno a modo suo, si dà dimostrazione dell’affetto verso la figura del patrono. E ogni nuovo vescovo al suo debutto deve integrarsi nella pietà popolare verso Crescentino, il soldato romano le cui reliquie da circa mille anni riposano sotto l’altare della cattedrale.

Se nel 2022 la novità era il ritorno in duomo dopo cinque anni di assenza dalla basilica, di cui tre a san Domenico e due all’aperto causa covid, quest’anno gli occhi erano tutti per il neo vescovo. Dopo la sua nomina avvenuta a inizio anno infatti, si trattava della prima grande festa diocesana che presiedeva. Ma Salvucci ha preso confidenza momento dopo momento coi riti propri dell’occasione, lasciandosi guidare dai suoi stessi fedeli, partecipi ingranaggi di quella macchina che è la processione, tra soste, benedizioni, canti, orchestra, movimenti della statua, strappo dei garofani rossi.

La celebrazione si è svolta in un duomo gremito come al solito, un numero che non accusa mai cali, da sempre. Monsignor Salvucci ha salutato calorosamente innanzitutto i bambini nelle prime file, poi le autorità civili (presente il sindaco Gambini e vari assessori) e militari. Presenti anche i due arcivescovi emeriti, Francesco Marinelli e Giovanni Tani, che ha concelebrato la cerimonia. La musica e i canti erano curati dal coro diocesano diretto da don Daniele Brivio e con Lorenzo Antinori all’organo. In chiesa e nel lungo serpentone della processione sfilavano poi colorati gruppi degli scout Agesci, dell’Unitalsi, della orchestra di fiati, delle confraternite urbinati di Corpus Domini, San Giovanni e Morte e di quelle del Santissimo Sacramento di Urbania e Piobbico, nonché dei cavalieri del Santo Sepolcro. Il gruppo dei portatori della statua, guidato ormai da un decennio da Gian Luca Marcucci, ha sopportato il pesante simulacro di Crescentino con la consueta, solenne e composta forza. Di braccia, spalle e animo.

Da loro, appena la statua si posa nuovamente in duomo, parte la corsa al garofano benedetto, il fiore rosso come il martirio del patrono, che si porta a casa, si fa seccare e si conserva fino all’anno dopo. Nell’omelia Salvucci si è soffermato sull’attualità di un martire come patrono. "A distanza di secoli – ha detto – cosa può dirci? Anche noi oggi non viviamo tempi facili. I valori della fede che hanno caratterizzato la nostra civiltà e la nostra cultura sembrano inesorabilmente destinati ad evaporare. Ma sostenuti dalla fede in Cristo possiamo come Crescentino eliminare i mostri dell’egoismo, dell’indifferenza, della guerra, della violenza".

Dopo le soste in tre punti a benedire università, monasteri di clausura e la piazza, il nastro di folla è tornato sul sagrato del duomo per l’ultimo solenne gesto: la benedizione della statua stessa, mossa in alto, in basso, a sinistra e a destra dai portatori. Tra un anno esatto, san Crescentino uscirà di nuovo.