Santa Chiara, un tesoro mai esplorato fino alla fine

Per i dieci anni del restauro. Urbino Capoluogo e Benelli Armi. hanno ristampato due studi. utili a comprenderne la grandezza

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Urbino Capoluogo e Benelli Arte celebrano il decennale del restauro di Santa Chiara con la ristampa dei volumi “Un capolavoro che risorge“ e “Ceramiche d’eccellenza“, presentati ieri. I libri furono scritti al termine del recupero dell’ex monastero, che ora ospita l’Istituto superiore per le industre artistiche: il primo riassume l’intervento sull’edificio, il secondo parla delle maioliche ritrovate.

"Uno studio che narrasse la storia del bellissimo palazzo che abitiamo quotidianamente era fondamentale – afferma Jonathan Pierini, direttore dell’Isia –. Ringrazio anche il Comune per la collaborazione che rende possibile ospitare un istituto di alta formazione in questi spazi: edifici così prestigiosi oggi trovano una nuova vita grazie anche alle istituzioni".

L’assessore Elisabetta Foschi definisce l’intervento "un recupero fortemente voluto da Giorgio Londei, al tempo presidente dell’Isia, ma va anche sottolineato il ruolo di Benelli Armi e Benelli Arte: avere un’azienda che dia lavoro a tanti è una ricchezza, ma il produrre anche cultura le dà un valore doppio".

Protagonista del restauro e della stesura dei volumi fu la storica dell’arte Agnese Vastano, che fece parte della squadra al lavoro sul complesso: "Sono particolarmente grata a Luigi Moretti, presidente di Benelli, che ci ha sempre supportato. La ristampa ha anche un senso di grande civiltà perché Benelli fa circolare le nostre cose nel mondo. Il primo scopo era ridare al luogo la dignità di un tempo. Cercammo anche la tomba di Battista Sforza, ma i lavori per il vecchio ospedale fecero sì che non ne trovassimo tracce o forse lei stessa non si vuol far trovare. Tra i reperti, c’erano anche tantissime ceramiche, cosa che ha rimesso in discussione la storica della ceramica locale: mi auguro si trovino i fondi per riprendere gli studi a riguardo".

Secondo Giorgio Londei, presidente di Urbino Capoluogo, restano due cose da fare a Santa Chiara: "Seguire la traccia proposta da Agnese Vastano, sulle ceramiche, e scavare all’entrata per recuperare le tre stanze rinascimentali rimaste sotto terra. Questo luogo, inoltre, custodisce vari misteri, tra cui la storia della “Città ideale“: non ci fu dipinta, ma vi rimase per 350 anni. Perché era qui? Forse ce la portò Elisabetta, figlia di Federico, ma è sicuro che lei portò in convento la “Madonna di Santa Chiara“, ora negli Stati Uniti. Ecco, un’ulteriore cosa da fare è chiedere ai proprietari il prestito sia di quest’opera, sia della “Santa Maria Maddalena“, anch’essa negli Usa".

Nicola Petricca