Schieti, Cavallino, Pieve di Cagna: l’agonia

Spariti uffici pubblici, come le Poste, le scuole elementari, molte attività, spiccano solo i cartelli ’vendesi’: "Siamo ridotti male".

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Lontano dal centro storico di Urbino, ai limiti di uno sterminato territorio comunale, ci sono delle frazioni che, nel corso degli anni, si sono trasformate in dormitori o che stanno lottando per non diventarlo. In alcune di queste, le crisi economiche, lo spopolamento dell’entroterra e alterne vicende politiche hanno colpito più duro rispetto ad altre, come a Castelcavallino: "Una volta avevamo bar, alimentari, alcune attività e anche un ristorante. Dal 1980 hanno cominciato a chiudere e ora non è rimasto nulla - spiegano Giuseppe Balducci, Valter Rossi e Antonio Del Bianco, memorie storiche del paese, che conta poco più di 250 abitanti -. Adesso, su gran parte delle case del borgo antico c’è la scritta ‘vendesi’, ma chi acquista in un paese ridotto così? Il problema è che le amministrazioni, anche in passato, se ne sono interessate poco. Per fortuna abbiamo i mezzi pubblici, ma non basta. Le uniche attività, molto partecipate, sono organizzate dall’Associazione Clivo Fiorito e ci si ritrova attorno al campo sportivo, in cui il Comune ci ha offerto i locali per la sala di quartiere. Un paese così potrebbe essere un paradiso, ma dovrebbe essere curato". Una delle frazioni che più arrancano è Pieve di Cagna, che conta circa 350 abitanti, anche se di recente "sono rientrate alcune famiglie - afferma Andrea Pazzaglia, presidente della Pro Loco -. I nostri problemi sono la lontananza dalle vie principali e la mancanza di mezzi pubblici, che non aiuta il ritorno degli studenti. Inoltre, la chiusura della scuola elementare scoraggia le famiglie, per questo ci stiamo impegnando per evitare che spariscano anche l’asilo, i tre bar, l’ufficio postale e la farmacia. Forse includere il paese in tour paesaggistici e segnalarlo per camper e camminamenti potrebbe farlo ripartire. Noi, come Pro Loco, cerchiamo di tenerlo vivo e il Comune ci ha dato una mano negli ultimi anni, così come i calciatori del Ca’ Gallo amatori, che hanno riattivato il campo sportivo, ma c’è bisogno di strade migliori e di accorciare le distanze". Si trova in un luogo di passaggio ha un’importante zona artigianale, ma neanche Schieti, frazione di 360 abitanti, è esente da questo fenomeno. "In paese ci sono solo due punti di ritrovo: il mio bar, per i più grandi, e il parco pubblico, in cui i pochi bambini esistenti e i ragazzini si ritrovano per giocare. Poi, di domenica, c’è la partita dello Schieti calcio, a cui tutti tengono molto. Queste sono le occasioni di stare insieme - spiega Marzia Spadoni, da cinque anni titolare del bar Centopercento -. In paese le attività sono quasi assenti e questo è un problema: oltre a me c’è solo un alimentari. E poi c’è il dottore, ma neanche tutti i giorni. Per vivere qui ti deve piacere la vita di paese, quella in cui si conoscono tutti".

Nicola Petricca