Scienziati schierati in prima linea per i segreti del tartufo bianco

Il professor Vilberto Stocchi rettore dell’Università San Raffaele di Roma a capo di un nuovo studio "Ricercatori di Urbino, Bologna e Cnr di Torino guidati da me. Abbiamo un finanziamento di 200mila euro".

Scienziati schierati in prima linea per i segreti del tartufo bianco
Scienziati schierati in prima linea per i segreti del tartufo bianco

Quando si dice “tartufo“ si aprono mille interessi. Tra questi ci sono ovviamente anche quelli scientifici, di ricerca pura, che però generano ripercussioni importanti nel settore economico. Il nostro territorio è sempre stato in prima linea nella ricerca e non meraviglia l’ottimo risultato appena raggiunto con il finanziamento di un nuovo progetto. Ad anticiparla è il professor Vilberto Stocchi, già magnifico rettore dell’ateneo urbinate ed ora alla guida dell’Università San Raffaele di Roma.

"Sono contento di comunicare che abbiamo vinto un Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale (Prin) di oltre 200mila euro condotto da parte di un gruppo di ricerca che lavora sul tartufo da oltre trent’anni. Il panel di studiosi, che ho l’onore di guidare, è costituito Antonella Amicucci dell’Università di Urbino, da Alessandra Zambonelli dell’Università di Bologna e da Antonietta Mello del CNR di Torino".

Di cosa si occupa questo gruppo?

"Le attività previste dal progetto, intitolato “Interactions of the white truffle Tuber magnatum with soil microbiome and plants”, prevedono approfondimenti degli aspetti ambientali e biochimico-molecolari del tartufo bianco pregiato. Ma mirano anche ad ampliare le conoscenze sull’ecologia del suolo del tubero".

Con quali risvolti?

"Si pongono le basi per la sua coltivazione, gestione e conservazione delle tartufaie naturali, con l’obiettivo di migliorare le tecniche di micorrizazione con il tubero. Non esiste solo l’aspetto del valore commerciale".

Quanto è importante la presenza del tartufo?

"La presenza di aree destinate alla produzione di tartufo è oggi più che mai importante per una gestione ecocompatibile degli ambienti agroforestali e può rappresentare una promettente opportunità socio-economica per i terreni marginali".

Che risvolti prevede?

"Spero che questo importante risultato sia colto non solo dalla Regione Marche per riappropriarsi di una leadership in questo ambito ma anche dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste", conclude il rettore Vilberto Stocchi.

Le ricerca finanziata apre nuove prospettive, non si deve dimenticare che il tartufo per la Regione Marche rappresenta forse una eccellenza irripetibile. La presenza del tartufo è riuscita negli anni a trarre fuori dall’isolamento alcune aree interne con un sicuro beneficio per le loro economie. Ma evidente è anche il vantaggio a livello di sostenibilità ambientale, che passa attraverso il recupero di terre incolte e abbandonate che sono state oggetto di recupero attraverso la valorizzazione e la tutela del prezioso tubero e della sua biodiversità. Appare a questo punto sempre più urgente la definizione di adeguate strategie di risposta all’attuale crisi economica e sociale che pervade il Paese. La valorizzazione della produzione del tartufo può tradursi, infatti, in opportunità di mantenimento di tradizioni e di patrimoni culturali, così come di creazione di reddito e di occupazione, anche per le possibili sinergie con altre attività (ad esempio, turistiche e artigianali), che appaiono particolarmente stimolanti per le imprese che costituiscono il tessuto produttivo del territorio. Tra le duecento specie di Tuber conosciute, la specie più pregiata è senza dubbio il Tuber magnatum Pico, che è considerata una delle grandi prelibatezze a livello internazionale. Le ricerche di studiosi sulla coltivazione del tartufo bianco hanno ottenuto importanti risultati e questo apre grandi prospettive, soprattutto perché il Tuber magnatum Pico rientra tra le specie a rischio di estinzione, sia a causa della crescente antropizzazione delle aree vocate, sia a causa dei cambiamenti climatici. La sostenibilità passa dunque attraverso la conoscenza.

n. p