Lo aveva lasciato sfibrata dalla sua gelosia sfociata anche in comportamenti violenti. Come quella volta che le avrebbe dato un pugno in volto. E lui, tunisino di 26 anni, non l’aveva presa bene, accusandola di essere una "razzista", minacciandola e molestandola più volte e in ogni modo. Fino all’ultimo episodio, quello in cui l’ex si è attaccato al campanello di casa della sua vittima, una pesarese di 27 anni, citofonando a ripetizione per circa 3 ore. Quel giorno la donna ha deciso di dire basta e di denunciarlo ai carabinieri per stalking. L’uomo è finito a processo (difeso dall’avvocato Andrea Paponi, ieri sostituito dall’avvocato Alessandro Pagnini), ma la 27enne non si è costituita parte civile e non si è mai presentata in aula, tanto che il giudice ha imposto, per la prossima udienza, l’accompagnamento coatto.
I fatti sarebbero accaduti tra aprile e settembre 2018, tra Pesaro e l’entroterra urbinate. Tutto comincia quando la 27enne decide di lasciarlo. Lui non vuole che frequenti altre persone e prova a limitarle uscite e contatti. Arriva a farlo anche con la violenza, secondo la denuncia della donna, presentata a luglio 2018. In un’occasione l’avrebbe percossa e dato un pungo al volto. La fidanzata mette un punto alla storia. Ma lui non se ne fa una ragione. Cerca di riavvicinarsi in tutti i modi, ma quelli sbagliati. La insulta ("sei una razzista, devi morire da sola, mi hai rovinato la vita"), la minaccia ("se non mi porti i documenti faccio un casino", "se non togli quel tatuaggio, lo faccio io con un coltello"). Poi arriva il giorno in cui si piazza sotto casa della ex e attacca il dito al citofono per 3 ore, dalle 18.30 alle 21.30. Scatta la denuncia che sfocia a processo. Udienza aggiornata a settembre.
e. ros.