Sospeso per 10 mesi, rientra in corsia "Felice di tornare a fare l’infermiere"

Alessandro Samannà, dipendente ospedaliero e segretario Nursind, pronto a reindossare il camice "Ho scelto di non vaccinarmi e ne ho pagato le conseguenze. E’ stata dura, ma ho riscoperto la famiglia"

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di Benedetta Iacomucci

E’ stato 10 mesi a casa senza stipendio, nel frattempo ha fatto un altro figlio (il terzo) ma ora è pronto a riprendere il suo posto in corsia. Alessandro Samannà, 46 anni, residente a Calcinelli, infermiere dell’azienda ospedaliera Marche Nord, è tra i 12 dipendenti che, dopo la sospensione, potranno tornare al lavoro anche senza vaccino. "Già da martedì l’Ordine si è mosso per il reintegro, e stamattina (cioè martedì) il provvedimento mi è stato notificato via Pec".

Definitivamente riabilitato. Che effetto fa?

"Sono contento, anche perché almeno avrò qualcosa da spendere per fare i regali di Natale. In generale c’è grande entusiasmo. Io, che sono anche segretario territoriale del sindacato Nursind, ho tra l’altro la possibilità di confrontarmi con gli altri colleghi, e devo dire che sono tutti molto contenti".

Ma le cause vanno avanti.

"Qualcuno si è rivolto agli avvocati, io ho preferito evitare. Ho voluto mantenere un po’ di fiducia nel sistema. Ero consapevole delle conseguenze della mia scelta e le ho affrontate senza recriminazioni. Le arene non mi si addicono, per quanto mi riguarda la ragione deve prevalere sempre sulla rabbia. Capisco, ad esempio, che il virus abbia spinto il governo a comportarsi in un certo modo. Ma ora deve finire".

Sembra molto tranquillo, ma immagino non sia stato facile trovarsi a 46 anni a casa senza lavoro e stipendio.

"Ci sono stati momenti di rabbia, di tristezza, all’inizio anche disperazione. Ma questo recriminare serve solo a mettere gli uni contro gli altri. E’ ora di smettere".

In famiglia come l’hanno presa?

"I problemi ci sono stati, ma li abbiamo affrontati con ragionevolezza e comprensione".

Ha fatto delle rinunce?

"Ho condotto una vita più modesta. Ho evitato le cene fuori, non mi sono rifatto il guardaroba, ho attinto un po’ di più ai miei risparmi. Ero fiducioso che comunque, prima o poi, sarebbe finita".

E se ci fosse un’altra emergenza e si tornasse a parlare di obbligatorietà dei vaccini?

"Casomai si cambierà lavoro".

Lei il vaccino non lo vuole proprio fare.

"Ci sono dei princìpi che fanno parte dell’individuo e vanno rispettati soprattutto quando riguardano la tutela della salute. Io, accettando la sospensione, mi sono tenuto lontano dalle persone fragili e non ho contribuito alla diffusione del vaccino. Per quanto mi riguarda, sono abbastanza giovane, non soffro di particolari patologie, uso tutte le precauzioni e quindi mi sento tranquillo anche senza vaccino".

Lei è contro i vaccini in generale o contro il vaccino anticovid?

"Le mie figlie sono vaccinate. Se un domani un vaccino arresta i contagi lo faccio, non sono sciocco. Condivido la vaccinazione per le categorie fragili ma senza obbligatorietà, altrimenti si crea solo odio sociale. Il mio è un atteggiamento di prudenza, non di diffidenza, che si basa su due considerazioni, di ordine sanitario e giuridico. Non mi dilungo sulle considerazioni sanitarie, ormai alla portata di tutti: basta leggere i dati. Ma io sono laureato anche in Scienze giuridiche, il diritto è il mio pane: in nessun caso si possono violare i diritti fondamentali. Il contesto ha fatto sì che si forzasse la mano? Ok, lo capisco, ma ditelo. Invece l’atteggiamento governativo si è basato su una narrazione che non ammetteva critiche. Allora mi sono detto: aspettiamo che finisca e facciamoci da parte"

E lei si è fatto da parte. Una cosa bella che ha scoperto durante questi 10 mesi?

"Ho scoperto che il lavoro è importante ma non è tutto. E’ importante anche essere presenti a casa con la famiglia. E poi ho dedicato più tempo al sindacato. Una specie di anno sabbatico, anche se forzato".

Sicuro che in corsia qualcuno non storcerà il naso?

"Non c’è alcuna tensione in azienda. Tra l’altro voglio anche rivolgere un plauso alla gestione esemplare della pandemia da parte di Marche Nord: sono stati fatti un piano pandemico e una formazione in tempi record. Tornando alla domanda, i rapporti professionali sono importanti ai fini delle convivenze ma l’obiettivo resta il paziente: io faccio questo lavoro da 25 anni e sono apprezzato. Intendo dire che non c’è solo il mio diritto di lavorare, ma anche quello del cittadino di avere una persona capace di soccorrerlo come si deve".