Stessi posti letto, nessuna unione con Fano La Regione mette nero su bianco il nuovo ospedale

Lunedì primo atto formale in giunta per la modifica del piano. Poi la partita sarà su Case Bruciate o Muraglia. Affossato il progetto della Renco

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di Benedetta Iacomucci

Un ospedale di Pesaro sempre di primo livello, ma ’nuovo’ e non più ’unico’; un’area per costruirlo da individuare tra Muraglia e Case Bruciate; il Santa Croce di Fano che resta sostanzialmente intatto; e una dotazione di posti letto che a Pesaro rimane invariata, con l’idea però di andare a recuperare quelle ’specialità’ che i pesaresi cercano altrove, incrementando la mobilità passiva e ingessando i bilanci regionali (160 milioni nel 2018). Sono questi alcuni dei punti fermi che la giunta regionale ha messo nelle scorse ore, licenziando il primo vero atto formale che avvia il percorso verso la realizzazione di quello che forse sarà il nuovo ’San Salvatore’.

Lunedì verrà infatti sottoposta alla giunta regionale una comunicazione dell’assessorato alla Sanità con cui si chiede di portare in Consiglio la modifica al precedente Piano socio-sanitario affidando agli assessori Filippo Saltamartini (Sanità) e Francesco Baldelli (Edilizia ospedaliera) l’incarico di delineare il percorso per giungere alla realizzazione del nuovo ospedale di Pesaro. Tramonta dunque definitivamente il progetto dell’ospedale unico vagheggiato dall’ex governatore Luca Ceriscioli con annesso project financing, mentre si stima di utilizzare le risorse già a disposizione, ovvero i 120 milioni di soldi pubblici tra Stato e Regioni.

Come detto, si tratterà di un primo passaggio formale, in cui non verranno affrontate tutte le questioni tecniche relative al progetto stesso. Non si farà riferimento, ad esempio, al discorso della localizzazione di questa nuova struttura, anche se gli estremi della questione sono ben noti: come anticipato proprio su queste colonne, l’intenzione del governo regionale era quella di puntare sull’area di Case Bruciate, ritenuta logisticamente più adatta, perché vicina all’autostrada, provvista di un terreno ampio per parcheggi e servizi, e che non comporta lo sbancamento in collina come invece sarebbe necessario fare a Muraglia. Ma su questo la scelta spetterà al Comune, ovvero al sindaco Matteo Ricci, che quindi dovrà assumersene la responsabilità politica. E l’orientamento del sindaco e del Pd è sempre stato chiaro: no a un ritorno indietro di dieci anni, con il rischio di allungare i tempi e avvitarsi in un’gioco dell’oca’ politico che non porterebbe da nessuna parte. Anche perché scegliere Case Bruciate, vorrebbe dire rinviare il nuovo ospedale a un percorso urbanistico tutto da definire.

Dunque se, come prevedibile, l’ipotesi Case Bruciate non passerà, e andrà avanti Muraglia, l’idea sarà quella di un ospedale da circa 450 posti letto complessivi (quelli di Muraglia più quelli del San Salvatore) con Fano che manterrà i suoi 200 posti e non sarà più, come previsto nel precedente piano sanitario, una struttura con una funzione ’integrata’ rispetto all’ospedale unico di Pesaro, ma manterrà le sue prerogative attuali restando ’dea’ di primo livello. L’operazione vedrebbe compatta l’intera giunta regionale di centro destra che, ricordiamocelo, ha in Fano il punto forte nel nord delle Marche.

Una volta definito il sito, è intenzione dell’esecutivo regionale partire subito con la definizione del progetto di fattibilità, che potrebbe richiedere sui 34 mesi. Poi ci sarà l’appalto inttegrato per il progetto definitivo. A questo proposito, non ci sono spiragli per recuperare l’ipotesi progettuale già definita dalla Renco per l’ospedale unico. Quel progetto viene ritenuto non adattabile al nuovo orientamento politico, ma comunque sorpassato dal Covid che avrebbe definito nuove esigenze non ancora previste né prevedibili in quella fase. Infine, un ospedale non è solo un contenitore ma soprattutto si qualifica in base ai contenuti. L’ospedale di Pesaro, benché di primo livello, ha sempre avuto prestazioni aggiuntive come la Neurochirurgia, tipiche delle strutture di secondo livello come l’ospedale di Ancona. L’idea della Regione è dunque concentrarsi sulle prestazioni che si vanno a cercare fuori per implementarle in provincia. Anche in altri nosocomi dell’entroterra.