Storia, quella scintilla che accende la mente

Scrivo di storia, in Medievalia, da Costantino sino alla scoperta dell’America, passando per le catacombe, le crociate, i grandi personaggi, i grandi temi. Vorrei fare uno strappo alla regola e uniformare questa rubrica alle altre, che escono durante la settimana. "Scivolerò" in un "editoriale". Ogni tanto qualcuno mi riconosce, per strada, e mi dice "Sacco, io leggo sempre Medievalia" e poi, ad esempio "Non sapevo che Saladino fosse un uomo colto!". Io mi stupisco, sinceramente. Mi stupisco perché parlare della quotidianità è più facile. Arrivare al lettore analizzando temi attuali è sfizioso. Arrivare al lettore parlando di Carlo Magno o dei "morti seppelliti in città, sotto le piazze" è di nicchia. Eppure, a qualcuno il tema arriva.

L’età dei "complimentatori" (conio un neologismo) è trasversale. Sì, spesso sono persone attempate, ma non mancano studenti, questi solitamente dicono "Ma tu insegni all’università così come scrivi?". Fatico a rispondere, se rispondessi "Proprio così" rinfocolerei i detrattori, che sostengono che sono troppo "nazional popolare". Se rispondessi "Assolutamente no" non sarei del tutto sincero. È possibile decriptare la storia parlando un linguaggio piano, lineare, sintetico. Comunicare non vuol dire "raccontare baggianate", "semplificare", "perdere scientificità". Comunicare la storia, "farla arrivare" è mandare a segno un incantesimo. L’incantesimo è quella scintilla di sapere che riesce a radicarsi anche in una mente non propriamente colta, o predisposta. Quella scintilla che accende il fascino verso la conoscenza, verso un’epoca storica difficile. Non sono sempre tutte rose (e fiori). Qualcuno, a volte, dice "Sacco, da co fé na rubrica sul Medioevo? Tant an la leg nisciùn? Fa basta". E se avessero ragione?

Daniele Sacco