Tavullia, accusa il Comune di mobbing I giudici condannano l’impiegata

E’ la storia dell’ex segretaria del sindaco Del Moro che col cambio di giunta era stata spostata di mansione. In primo grado a Pesaro vinse e ottenne 10mila euro di danni, in Appello sentenza totalmente ribaltata.

Tavullia, accusa il Comune di mobbing  I giudici condannano l’impiegata

Tavullia, accusa il Comune di mobbing I giudici condannano l’impiegata

La segretaria del sindaco in carica fino al 2014, L.T., ha fatto causa di lavoro al Comune per mobbing. Il giudice del lavoro di Pesaro le ha dato parzialmente ragione, in primo grado, nell’ottobre 2021, riconoscendole un danno per 10.000 euro a causa del "perdurare della condizione lavorativa deteriore". Ma la stessa dipendente non è rimasta soddisfatta. Avendo chiesto senza ottenerlo anche il risarcimento del danno biologico, ha appellato la sentenza chiedendo un risarcimento dovuto a danno biologico (per conseguenze psichiche) per 54mila euro, a cui aggiungere altri 10.000 euro quale danno morale, altri 10.000 euro per il demansionamento oltre al 50 per cento delle retribuzioni maturate dall’aprile 2015 fino alla cessione del mobbing. Insomma, ci si avvicinava ai 100mila euro. Ma una cosa non ha mai chiesto: riprendere il suo posto di lavoro con le stesse mansioni di prima.

Il tribunale di Appello ha rigettato le pretese della dipendente L.T. ed ha capovolto la sentenza di primo grado perché l’impiegata "non ha fornito prove circa la effettiva, concreta, irrimediabile dispersione, per effetto dell’assegnazione ai nuovi incarichi, delle conoscenze teoriche e dell’esperienza acquisita dalla lavoratrice nella fase precedente del rapporto. Quindi non si comprende – scrivono i giudici – come il recente impiego abbia comportato il depauperamento del patrimonio professionale acquisito". Per questo, stabiliscono i giudici "ne discende l’assenza di mobbing, di danno patrimoniale, assenza di danno alla professionalità". Per cui "va escluso il nesso causale tra il lamentato demansionamento e il disturbo dell’adattamento cronico" che lamenta la dipendente.

In altre parole, la Corte d’Appello nega che ci sia stato demansionamento e mobbing perché "si è trattato di una mera modifica dell’assetto amministrativo dell’ente con l’elezione della nuova giunta (del sindaco Paolucci)". I giudici scrivono: "La richiesta di risarcimento danni corrobora il giudizio secondo cui a base dell’azione esperita vi sia l’interesse ad ottenere somme di denaro con funzione riparatoria per equivalente e non già interesse al recupero effettivo di un preciso ruolo professionale perduto da ripristinarsi, pertanto la domanda proposta in primo grado va integralmente rigettata e si condanna la ricorrente al pagamento delle spese legali per 7mila euro oltre a dover rimborsare i 10mila euro ottenuti in primo grado". L’impiegata è ora in pensione.

ro.da.