Restano ancora pochi giorni, fino al 6 ottobre (orario 8,30-19 e il lunedì dalle 15,30 alle 19), per visitare la splendida mostra dedicata a Federico Barocci a Palazzo ducale. Poco più di una settimana per attraversare il ponte barcollante gettato dal pittore urbinate, fuggito da Roma per vivere nella sua città, spegnendo le luci della ribalta per accendere quelle puntate sulla sua inquieta anima. Un ponte per transitare, assieme alle sue pennellate taglienti e porose, dal Rinascimento al Barocco, con lo sprofondo che si apre agli occhi del visitatore, alle prese con un percorso avvolgente, vertiginoso, prorompente nella novità che si schiude attraverso le opere del pittore che si stacca da Raffaello per aprire nuovi scenari.
La mostra è aperta dalla sezione dedicata al ritratto, dove il pennello incide i corpi comunicando un manierismo inquietante come il volto stesso dell’autore, i cui occhi sono scavati dalla sofferenza interiore, persi. Barocci è un autore moderno. "Istituzione dell’Eucarestia" ha un impatto fotografico. La prospettiva corre oltre, verso il settecento e l’eucarestia riversa la sua luce sui personaggi e tutto salva. Nella "visione della Vergine a santa Elisabetta" un asino muove con il muso una scena spettrale e trascendente, dove il candore oscilla tra la vecchia increspata di morte di Santa Elisabetta e la vitale parvenza della contadina: ne beneficia Maria, al centro, che raccoglie questi umori elevandoli. Raffaello aleggia sullo sfondo della "Deposizione" dove l’armonia dei corpi diventa sferzante e ferisce nel taglio impetuoso dei mantelli e nel vorticoso movimento della dolorosissima scena, appesa al chiodo che trattiene una delle mani del Cristo alla croce. Ma Barocci sa anche essere dolce con opere come "La Madonna delle ciliegie" o "La Madonna del Gatto". Raffaello e il manierismo si incontrano anche in "Noli me tangere": la scena è in equilibrio tra l’armonia rassicurante del Cristo e l’impetuoso scintillio del mantello della Maddalena. La mostra del Barocci riscatta dall’oblio uno degli autori finora letto a frammenti, ora, finalmente, con senso compiuto. La sua, come la nostra, è la crisi dei grandi cambiamenti.
d. e.