Una carbonara perfetta

Alla Gioconda di Cagli percorso tartufato con scoperta: il Trebbiano Tomassetti

I portoni e i portali di Cagli valgono da soli il viaggio. La città medievale si apre in un dedalo di pietre antiche, con il bianco che riluce. E’molto riposante passeggiare per queste vie e risalire il corso del centro fino alla piazza e poi giù a destra a La Gioconda, il ristorante di Gabriele Giacomucci di cui le foto estrose campeggiano alle pareti, all’ingresso. Anche il locale è riposante. Si scendono tre gradini, poi si possono guadagnare un paio di stanze per ossigenarsi un po’. Che cucina è questa di Gabriele? Basta dare un’occhiata al menù, che cambia con la stagione, per capire che è di territorio. Tartufo innanzitutto, non solo bianco: qui si può fare un viaggio tra le varianti più economiche ma non meno gustose e calarsi nella terra, scoprendo che anch’essa (sotto forma di tartufo che nella terra nasce e vive) ha un sapore. L’uovo a bassa temperatura in questo periodo va abbinato il tartufo nero estivo: piatto cremoso, rigoglioso, spumoso, un letto docile e accogliente per un tartufo vero, un piatto solare e che ci riporta proprio alle radici, alla terra. Del resto l’uovo è l’inizio di tutto e il tartufo sta nelle viscere.

Filamenti di tartufo nero vestono anche i frescatelli con acqua e farina di semola: piatto di semplicità contadina, molto delicato. Volutamente con poco sale? Vabbé, il gioco è riuscito perché è nella povertà degli ingredienti che il tartufo riesce ad emergere. La carbonara di tartufo è un piatto straordinario, Gabriele lo ha interpretato magnificamente. Una carbonara da squaglio, con l’uovo alla base che dovete frantumare e amalgamare mescolandolo con il tartufo, per un assaggio avvolgente, ghiotto, equilibratissimo, perfetto. Abbinateci un vino altrettanto sorprendente, il "Mietitore" Marche bianco igt Tomasetti 2018 di Senigallia, da uve Biancame: alla vista giallo ocra materico, voluminoso, con profumi di fiore di zagara, senape selvatica e con la sua vena verde rampicante su una mineralità granulosa di arenaria. Un vino iodato, da cui emerge lentamente anche una sottile vera di zolfo marino. Al sorso è netto, tagliente, una parete agrumata primordiale che piange lacrime di cedro verde e bergamotto, limone di Vindicari, calcare marino, con esito morbido di pietra pomice.

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