"Una critica costruttiva per crescere"

Migration

di Pierpaolo

Rastelli*

"Mi preme specificare che la nostra è una critica costruttiva. Assaggiamo il Bianchello da tanti anni e notiamo che c’è un movimento importante con l’associazione Bianchell’ d’auore, ma non solo. Il Bianchello sta recuperando quel terreno che aveva perso, quegli anni in cui non si era fatto quasi nulla affidandosi ognuno a sé. Ora invece il Bianchello ha cominciato a comunicare. Il problema enorme è che dietro a tutti questi sforzi non corrispondono risultati sempre all’altezza. Quando assaggiamo i Bianchelli notiamo che non c’è uno stile che li accomuna e che consente al vino di crscere anno dopo anno. I produttori sono sempre lì e così capita che i consumatori siano disorientati: qualche produttore si butta sul naturale, altri sulla tendenza a lavorare uve surmature con la conseguenza di un eccesso di residuo zuccherino che snatura la tpicità di queste uve. Poi c’è chi tenta la moda dell’anfora senza risultati apprezzabili. Si perde insomma di vista il cuore della questione e il suo businnes: il Bianchello come bianco secco, di grande struttura se vogliamo ma anche fragrante e aderente alla varietà. Quello che riesce al Ribona, vitigno simile, al Bianchello riesce meno. Forse questa disomogeneità è dovuta alla voglia di sperimentare degli enologi, ma se non è suffragata da un nucleo centrale, da regole comuni per la denominazione del Bianchelo superiore, poi si genera confusione. Anche nel Sangiovese lo sforzo di dare maggiore levatura è a volte vano: i Sangiovese pesaresi restano sempre lì. Va meglio per il Pinot nero, ma parliamo di un territorio talmente piccolo che non vale la pena parlarne. Terracruda lavora territorialità, come Tonelli, solo per fare qualche esempio, ma alcune cantine su cui riponevamo fiducia per il futuro si accartocciano su posizioni di vini naturali, sfibrati, imprecisi. Il tessuto Bianchelo è insomma sfilacciato"

] Curatore guida dei vini Gambero rosso