Lo scultore Simonetti agli urbinati: "Prendete la mia Walkiria"

L'autore lancia un appello alla città ducale. "La mia grande scultura deve tornare nella suo luogo d'origine. Deve andare in un posto molto frequentato dagli studenti"

Marcello Simonetti con la sua scultora "Walkiria di Urbino"

Marcello Simonetti con la sua scultora "Walkiria di Urbino"

Sigillo (Perugia), 6 marzo 2018 - Ha novantuno anni. Tutti i giorni da Gualdo Tadino in provincia di Perugia – dove abita con la famiglia da quando è andato in pensione dalla Scuola del Libro di Urbino – lo scultore Marcello Simonetti sale sulla sua auto «color amaranto, non rossa, come dicono alcuni» – precisa con tono quasi infastidito se non si ha ben presente questo meraviglioso colore – e guida fino a Sigillo. Pochi chilometri per entrare in quello che è il suo mondo. L’atelier dove lavora senza sosta, nonostante l’età, nonostante il freddo. E nonostante la solitudine. Ogni tanto qualcuno della zona lo va a trovare. «Però mi parlano di olive, di come va la campagna; a me non interessa l’agricoltura, io sono concentrato sull’arte, sul Rinascimento. Ma pazienza...».

Le sue giornate sono come quelle di un monaco laico. «Arrivo in studio al mattino – racconta –, inizio a lavorare. Mangio qualcosa, e poi ricomincio. Se devo portare avanti una scultura che mi prende molto, allora lavoro anche la sera. E il giorno dopo ricomincio così».

Lei ha novantuno anni, certo che regge al ritmo...

«Volete sapere qual è la mia vera età?», e già sorride, si pregusta la sorpresa alla sua battuta.

Prego maestro, lei con la sua stretta di mano potrebbe rompere due noci, una contro l’altra e avrà un’età biologica più tenera di quella anagrafica...

«Io ho 37 anni, ovvero gli anni che ho trascorso a Urbino. Una città per la quale provo un amore immenso. Un luogo che mi tormenta in qualche modo, perché abito troppo lontano per vederla di frequente. Allora ho pensato di fare un’opera dedicata a Urbino».

Ci parli di quest’opera, allora.

«Si intitola Walkiria di Urbino. È una ragazza distesa. I seni sono scoperti, ha mani meravigliose. Il vento l’accarezza, lei pensa. Mi ha in qualche modo parlato mentre la scolpivo. In fondo è nata così, in fretta».

Una scultura lunga oltre due metri non sarà nata dall’oggi al domani...

Simonetti ha il ghigno facile se la domanda è quella giusta... «Dovete sapere che Walkiria di Urbino è nata in circa venti giorni. Ho scolpito senza fermarmi. Ho usato i soliti due mazzuoli da mezzo chilo e da un chilo di peso, e anche altri, è ovvio. Scalpello in una mano, mazzuolo nell’altra. Le delicatissime mani di Walkiria, fragili e sensuali, mi hanno fatto faticare tantissimo. Ora, però, non ho pace di nuovo perché Walkiria insiste nel voler andare nella sua sede naturale, ovvero Urbino».

Lei che ha “comunicato” con la sua opera, cosa le ha detto?

«Di aspettare, ma non troppo. Io dico di avere 37 anni, ma voi me ne attribuite 91. Qualcosa accadrà. Poi Walkiria è impaziente. Allora vi ho chiamati per lanciare un appello urgente, almeno per me e Walkiria».

Prego.

«Ascoltate bene voi che comandate a Urbino. Walkiria, la mia scultura, deve tornare nella sua città. Io la dono, vi chiedo solo di metterla in un luogo dove passano molti studenti. Per questo il magnifico rettore dell’Ateneo potrebbe portarla in un palazzo dell’università. Oppure l’Erdis in uno dei suoi, altrimenti il Comune. Anche il sindaco di Urbino potrebbe interessarsene. In fondo l’assessore Sgarbi – mi riferiscono alcuni amici – di fronte a una mia opera aveva espresso parole belle che mi hanno commosso. Anzi, spero di poter vedere Sgarbi e rinnovargli la richiesta».

Perché Walkiria si chiama così?

«Non lo so... Vedete l’ispirazione non segue logiche razionali. Ero davanti all’enorme blocco di materia che mi attendeva. Ho iniziato a scolpire e Walkiria è venuta fuori. Non ho fatto un disegno preparatorio, perché io conosco a memoria la fisionomia umana».

Merito dei vecchi studi all’Accademia di Perugia... Parliamo dell’immediato dopoguerra.

«Sì, a Perugia ho visto anche la guerra, è logico, ero già grandicello. Un giorno in piazza un tedesco mi puntò contro il suo parabellum. Io lo rimproverai in lingua tedesca, che conosco e studio perché è una lingua plastica. Ebbene, il tedesco posò il fucile: cedette come marmo allo scalpello».

Marcello Simonetti con Walkiria di Urbino

DA GIOVANE DISEGNAVA I CADAVERI IN OBITORIO

SIMONETTI si è formato all’Accademia di Perugia. Per lui una delle esperienze formative più importanti è stata quella che oggi apparirebbe irrealizzabile a qualsiasi studente: «All’epoca disegnavamo i cadaveri. Ci davano anche il bisturi, dovevamo dissezionare certe parti e poi disegnare. Dovevamo vedere dal vivo come è fatta la fisiologia umana – racconta Simonetti – e oggi posso dire che a memoria riesco a fare un corpo umano. Una mano, un piede... qualunque parte. Ma se ho un blocco di materia da scolpire, senza problemi io tiro fuori la figura intera perfetta. E’ così che siamo stati abituati da ragazzi».

Simonetti – che scrive con una bella grafia sia normalmente che a rovescio, come Leonardo – ha realizzato anche opere monumentali, come l’impressionante Assunta, un bronzo alto 2 metri e 60 esposta a Sigillo. «Tutte le opere nascono dall’amore – racconta l’artista –. A volte può essere l’amore per una donna, in un caso molto complesso e particolare per una città vera e propria, anzi per il Ducato di Urbino. Io ho riassunto tutto il mio pensiero in Walkiria di Urbino e adesso – a questa età – attendo che mi chiamino per dirmi che per questa scultura c’è già un posto pronto».