Visite nelle Rsa: niente abbracci, ma che gioia

Dopo tre mesi di isolamento sono ricominciati gli incontri con i famigliari degli ospiti. Tra protocolli, mascherine, ma anche rose rosse

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Il giorno in cui, dopo mesi di separazione forzata, ha potuto rivedere la moglie, si è presentato alla casa di riposo di via Spada con un gran mazzo di rose rosse. Perché quei tre mesi di isolamento, di paure, di contatti attraverso lo schermo di un tablet, gli devono esser sembrati più lunghi di tutti i suoi 92 anni. E anche se non si sono potuti abbracciare, hanno fatto commuovere persino gli operatori della “Sacra famiglia“ delle Maestre Pie dell’Addolorata. Ora, dopo tanti lutti e dolore, che il virus ha seminato proprio laddove albergavano i più fragili, si può dare inizio alla Fase 2, quella di un lento ritorno alla normalità: anche a 92 anni.

Sono ricominciate in tutte le strutture della città le visite dei parenti ai loro congiunti, che si erano interrotte bruscamente tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo. Dopo tre mesi, l’8 giugno scorso, la Regione Marche ha elaborato le linee di indirizzo per la gestione delle strutture residenziali sanitarie, ovvero per la "riattivazione graduale degli accessi degli ospiti e dei visitatori o familiari". Il tempo di organizzarsi, ed ecco che da ’Santa Colomba’ a ’via Spada’ e ’Padre Damiani’, si sono finalmente riaperte le porte, dopo mesi di videochiamate e fugaci saluti dalla finestra o dal cortile. Mesi in cui non è stato semplice spiegare agli anziani ricoverati, alcuni lucidissimi ma altri affetti da patologie gravi, che se all’improvviso non passava a trovarli più nessuno non era per noncuranza. Molti si sono sentiti inspiegabilmente abbandonati, impossibilitati persino a frequentare i compagni di struttura, mentre chi comprendeva le circostanze, camminava sul filo della depressione.

"Da un po’ di giorni abbiamo cominciato ad autorizzare gli accessi - dice Michele Corbelli, responsabile della casa di riposo “Sacra Famiglia“ di via Spada -. Facciamo entrare un solo parente per volta, da lunedì a venerdì, previo appuntamento, in un salottino appositamente allestito, con un tavolino e un vetro divisorio. Agli esterni diamo noi le mascherine, così siamo sicuri che siano sterili. E siccome l’Asur ha chiesto anche la presenza di un operatore, noi abbiamo stabilito che questa persona fosse il nostro psicologo, il dottor Donato Piegari, anche per gestire queste fasi che sono emotivamente molto forti". In questo modo ogni famiglia si può incontrare all’incirca ogni settimana, dieci giorni. E dopo ogni incontro, si sanifica tutto.

Anche a Casa Padre Damiani, in viale Napoli, le visite funzionano allo stesso modo: "E’ un’apertura condizionata - dice il direttore Giampiero Bellucci -: i visitatori, dopo aver preso l’appuntamento, misurano la temperatura e compilano un questionario come richiesto dall’Asur, in cui affermano di non avere avuto febbre o sintomi riconducibili al covid. Poi entrano in una stanza, con la mascherina, mantenendo le distanze: non c’è il plexiglass. E’ possibile vedersi anche all’esterno, per circa 20 minuti. Certo, per gli ospiti è un passo importante tornare a vedere i propti cari, ma molti chiedono di più: noi abbiamo molti ospiti del tutto autosufficienti, che vedono, all’esterno, la vita che ricomincia e chiedono di poter uscire. Ma al momento le uscite sono limitate a situazioni urgenti o inderogabili".

A Santa Colomba, invece, la procedura è più rigida: le visite si svolgono sempre dietro autorizzazione del medico, che valuta la situazione clinica e certifica la necessità dell’incontro, magari per problemi di tipo depressivo. E di regola ci si vede all’aperto: "Solo se l’ospite è fisicamente impossibilitato a muoversi è consentito l’accesso in struttura, ovviamente con tutte le precauzioni – spiega Marina Vagnini, responsabile dell’unità organizzativa Centri residenziali e diurni per anziani -: altrimenti gli esterni non entrano in alcun modo all’interno dei locali. Se piove, c’è un’area esterna al coperto". Anche lì, si è ben consapevoli che l’emergenza non è del tutto alle spalle. Ma è soltanto ’attutita’: "Gli ospiti vivono una fase di semi-isolamento - dice Bellucci, di Casa Damiani -: mangiano ancora nelle proprie stanze, vivono pochi momenti ’in comune’". Insomma, la ripartenza è cominciata, ma le ferite fanno ancora male.