Pesaro, 9 dicembre 2011 - «PESARO. Immagini di una rinascita» (Metauro Edizioni, 2011), a cura di Thomas Flenghi. E’ un libro di fotografie, 150 immagini dell’Archivio comunale che risalgono al periodo compreso all’incirca fra il 1950 e il 1970 e riguardano in pratica ogni zona di Pesaro, dal centro, al mare, ai nuovi quartieri alla periferia, così come erano in quegli anni e come si sono andate trasformando. Erano nate come strumento di supporto all’ urbanistica comunale. In premessa, oltre alla presentazione del sindaco Ceriscioli e all’introduzione del curatore Flenghi, c’è anche un documento di Marcello Stefanini, che degli anni Settanta fu storico e amato sindaco, che traccia il cammino teorico e politico dello sviluppo e della trasformazione della città in quegli anni dell’immediato dopoguerra.

PER QUESTO verso canonico si può parlare, come dice il titolo del libro, di «rinascita» di una città dopo la devastazione degli eventi bellici. Ma, sfogliando le oltre 200 pagine di immagini in rigoroso e pregnante bianco e nero, a colpire fantasia, cuore e anima non è per niente questa idea dialettica e progressista di «rinascita», ma semmai è quella di trovarsi di fronte ad un mondo compiuto e sparito che però, coi tempi che corrono, ci viene minacciosamente profetizzato come un mondo che può tornare. La povertà di cui tanto sentiamo parlare come disgraziata possibilità del nostro futuro fino a ieri brillante e dalle «magnifiche sorti e progressive» è tutta in quelle immagini.

Di quegli anni in cui non eravamo più del tutto miseri, ma in cui ancora non eravamo certamente ricchi, di quegli anni fra il Cinquanta e il Settanta quando si stava preparando il miracolo economico che ci avrebbe risollevati, per ubriacarci dagli anni Ottanta in poi, presentando oggi un conto salatissimo da pagare. Guardate una per una quelle immagini, confrontatele mentalmente con quelle che vi vengono dettate dalla realtà di oggi: quella era Pesaro, quelli eravamo noi, non nell’Ottocento o nei secoli mitici delle signorie nostrane. E’ tutta roba della nostra infanzia, le macchine rare, le tante bici, le strade vuote che sembrano immense, le case che trasudano non certo opulenza, i primi tentativi di modernità. Un campionario vasto e vario di cui non va citata nessuna immagine in particolare, in modo che ognuno ritrovi da solo quelle che gli sono più congeniali. Ma se comunque vogliamo prenderne una a simbolo di questa città che c’era e che non c’è più, di questa che c’è e che forse non ci sarà ancora per molto, allora fermiamoci di fronte a quella di pagina 234 e 235, «Piazza Redi». Questo curato da Flenghi non è un semplice libro: è una specie di «messale» laico sul quale meditare. E’ in libreria e costa 20 euro.