La carica dei settecento per scoprire Caravaggio raccontato da Sgarbi

Un pubblico memorabile a Rocca Costanza per ascoltare il critico d’arte

“Caravaggio” di Vittorio Sgarbi (Fotoprint)

“Caravaggio” di Vittorio Sgarbi (Fotoprint)

Pesaro, 5 agosto 2016 - Settecentoventisei biglietti staccati. Non uno di più perché... non era più possibile aggiungere posti a sedere in una Rocca Costanza da “tutto esaurito”. Questa è la potenza di Caravaggio, ma anche la potenza di Vittorio Sgarbi che riesce a calamitare così tante persone (che pagano un biglietto sicuramente a prezzo non popolare, fino a 28,50 euro partendo però dai 15 euro per gli abbonati del teatro Rossini) per approfondire la conoscenza del grande pittore (1571 - 1610).

Lo spettacolo “Caravaggio” di Sgarbi (regìa di Angelo Generali, musiche dal vivo di Valentino Corvino e immagini delle opere più rappresentative curate - su tre schermi appesi nel vuoto a mo’ di quadri - dal visual artist Tommaso Arosio) è stato un viaggio nella vita del pittore, ma anche nella nostra contemporaneità.

Inaspettatamente si inizia con immagini fotografiche “caravaggesche” nella potenza e nel dolore, ovvero il corpo straziato di Pier Paolo Pasolini all’idroscalo di Ostia, nella maledetta notte tra l’1 e il 2 novembre 1975. Le parole dello scrittore Alberto Moravia (“un autore che molti tra questo pubblico non conoscono neanche”, ha detto Sgarbi) hanno rotto il silenzio dell’attesa.

Poi Sgarbi ha perlustrato in lungo e in largo la vita e le opere di Caravaggio, raccontandone i travagli interiori attraverso il commento delle opere e il confronto con altri contemporanei.

“Caravaggio” è uno di quegli spettacoli che aprono la mente e ci fanno riscoprire una grande verità: guardare un quadro, un solo quadro, è come vedere un film di due ore. Se approfondiamo il gusto di analizzare le opere, possiamo viaggiare nel tempo con la mentalità degli autori che hanno tentato di rappresentare la vita e la morte, misteri che da sempre ci sfuggono.