Banca Marche, Tanoni profetico nel 2013: "Non votate il bilancio. Sarà la fine"

Il retroscena: l'avvocato Tanoni, coordinatore della famosa cordata di imprenditori marchigiani che nel 2013 ha tentato inutilmente di partecipare al salvataggio dell’istituto di credito, mise in guardia durante l’ultima assemblea dei soci

Paolo Tanoni

Paolo Tanoni

JESI (Ancona), 5 gennaio 2015 - TRA i tanti retroscena del caso Banca Marche va registato anche l’intervento profetico dell’avvocato Paolo Tanoni (coordinatore della famosa cordata di imprenditori marchigiani che nel 2013 ha tentato inutilmente di partecipare al salvataggio dell’istituto di credito) all’ultima assemblea dei soci. Dove il legale recanatese ha, nei fatti, anticipato tutto quanto sarebbe poi accaduto.

«La governance – affermò in quell’ultima assemblea l’avvocato Paolo Tanoni – è una delle cause del problema. Sono stato consultato più volte dalle Fondazioni, ma senza essere ascoltato. Ero in dissenso sulla riduzione dei consiglieri avvenuta lo scorso anno. E sono in dissenso anche su questo bilancio».

Quello, per intenderci, che dopo le durissime rettifiche sui critieri di valutazione dei crediti, deteriorati o incagliati, produsse una perdita di 517 milioni di euro, con una riduzione del ‘capitale di vigilanza’ a 1,2 milioni di euro: «Ringrazio il nuovo Cda e il direttore Goffi per avere impostato il bilancio secondo criteri – disse nel giugno 2013 Tanoni – di assoluta prudenza, con ingenti accantonamenti. Tale atteggiamento pessimistico è senz’altro giusto e condivisibile, anche se costituisce una sorta di lente di ingradimento che finisce per enfatizzare certi aspetti a discapito di altri».

Aveva capito bene l’avvocato: «Eccessivi accantonamenti producono l’esigenza di un ulteriore aumento di capitale con effetti, per gli azionisti, espropriativi. In sostanza – diceva l’avvocato Tanoni – se le Fondazioni dovessero perdere la maggioranza a rimetterci sarebbe il territorio. Del resto collocare anche quest’anno 250 milioni di aumento di capitale costituisce un’impresa difficile, soprattutto per le Fondazioni». Perciò invitava i soci «a votare contro questo bilancio, che dev’essere ripensato, non già per ragioni di convenienza ma di trasparenza».

Spiegandola così: «La valutazione dei crediti deve avvenire sulla base di criteri trasparenti mentre nel caso specifico è stato cambiato il metro adottato. Se gli amministratori hanno fatto bene ad usare prudenza, male farebbero invece gli azionisti ad accettare la suddetta impostazione, approvando anche un aumento di capitale».

Perché? «La fotografia oggi prodotta è la peggiore possibile, giacché i criteri adottati sono da ‘stress test’, verosimilmente suggeriti da Bankitalia».

Tanoni votò contro perché «l’approvazione segnerebbe la fine dell’autonomia della banca marchigiana». Poi andò anche peggio. Ma non a Tanoni che è stato tra i realizzatori del grande successo, anche economico, del film su Giacomo Leopardi ‘Il giovane favoloso’