Berloni cucine Pesaro, in dieci si dimettono

Cercano nuova occupazione perché si prospettano tempi lunghi. Arrivata una manifestazione d’interesse anche da una industria locale

La protesta dei dipendenti della Berloni

La protesta dei dipendenti della Berloni

Pesaro, 16 gennaio 2020 - «Il tavolo al ministero sulla crisi della Berloni cucine non è stato ancora deciso e non è per il momento a calendario. Stiamo aspettando prima che si concludano alcune trattative", dice il sottosegretario al Mise Alessia Morani in questo momento impegnato nelle regionali dell’Emilia Romagna. In attesa di tutto questo una decina di lavoratori della Berloni hanno intanto presentato le dimissioni. L’unica vera novità, in questa crisi che sta diventando una nebulosa, arriva dal sindacato perché Giuseppe Lograno della Cgil, dopo un incontro con il liquidatore Alessandro Meloncelli fa sapere "che ha ricevuto una telefonata da parte di un professionista che parlava a nome di un gruppo industriale della provincia. Una manifestazione di interesse che ora deve essere però concretizzata". Situazione che rischia di ingarbugliarsi, quella della Berloni, perché i tempi sembrano slittare di qualche mese prima di avere una soluzione concreta in mano. E questo diventa un grosso problema soprattutto per gli 85 dipendenti. "Da quello che ho capito io – continua Lograno – l’unica proposta che ha nelle mani il liquidatore, mi pare di aver intuito che sia quella iniziale di quando è stata messa in liquidazione la Berloni e arriva da una società che a base all’estero. Potrebbe essere magari di qualcuno interessato solo al marchio e che poi potrebbe ‘affittarlo’ a chi vuole continuare la produzione di cucine in Italia e magari a livello europeo". Insomma un brand Berloni sdoppiato: uno per l’est ed un altro per l’ovest. Intanto, nel frattempo che le manifestazione di interesse ("sono circa 4-5"), vengano formalizzate, ci vorrà altro tempo. Tanto che Meloncelli, parlando con i rappresentanti sindacali, ipotizza altre tre settimane. Dopodiché il liquidatore metterà a disposizione degli interessati che hanno presentato la proposta tutti i documenti riguardanti la Berloni Cucine. Quindi la soluzione veloce e celere, per non bloccare a lungo la produzione, viene per il momento accantonata per far posto ad una prospettive lunga qualche mese.

Chi è nella zona ‘limbo’ sono invece gli 85 dipendenti. Nei giorni scorsi sono rientrati al lavoro parte degli impiegati e del commerciale, mentre da lunedì torneranno alla produzione anche gli operai. Per fare cosa, non si sa, dal momento "che in questo momento l’azienda ha lavoro per soli 3-4 giorni", dicono i sindacati.

Alla fine della prossima settimana "non sappiamo come si procederà perché la società in questo momento non ha liquidità in cassa, i dipendenti hanno ricevuto solo lo stipendio del mese di novembre e davanti si prospettano tempi lunghi – continua Lograno –. E non si è capito quali saranno le mosse sotto questo profilo perché non è stato chiesto il licenziamento del personale e nemmeno è stata avanzata una richiesta per accedere alla cassa integrazione. E questa cosa non è possibile, così come non è possibile che la proprietà metta in liquidazione la società senza cacciare più un soldo e senza pagare gli stipendi. Per questa ragione torneremo a chiedere l’apertura di un tavolo ministeriale perché la proprietà non se la può cavare così".

Che la situazione non sia bella per l’incertezza dei tempi ed anche perché le soluzioni sul tavolo prospettano, concretamente, la possibilità che il marchio possa prendere il volo, resta il fatto che gli stessi lavoratori dell’azienda di Chiusa di Ginestreto stanno cercando di capire quale potrà essere il loro futuro lavorativo visto che molti, fra l’altro, sono monoreddito ed hanno anche una famiglia alle spalle. "Dalle notizie che abbiamo noi – continua Lograno – una decina di operai della Berloni hanno rassegnato le dimisssioni volontarie per cercare un’altra occupazione". Fra l’altro Meloncelli proprio al ‘Carlino’ ha detto l’altro ieri che l’ipotesi (fattibile) di un affittto di ramo d’azienda è praticabile ma che non viene presa in considerazione in questo momento perché comunque ha tempi lunghi "per cui è meglio attendere che le manifestazioni di interesse si concretizzano con una proposta".