Stipendi più alti alla multiutility di Pesaro, polverone su azionisti e cda: "Uno sbaglio, torniamo indietro"

Marche Multiservizi, l’assemblea vota aumenti fino al 60% delle indennità del consiglio di amministrazione. Retromarcia dopo la scoperta del Carlino. Il presidente Pierotti: "Intollerabile, ora va annullato tutto"

Giuseppe Paolini, presidente Provincia e Matteo Ricci, sindaco di Pesaro

Giuseppe Paolini, presidente Provincia e Matteo Ricci, sindaco di Pesaro

Pesaro, 30 aprile 2023 – C’è un metodo pesarese per aumentare gli stipendi. Non a tutti, troppo bello. Solo a pochi. Il rialzo, fino al 68%, avviene per acclamazione. Si alza la mano e si dice che vanno pagati più soldi autorizzando in un minuto il decollo della busta paga di un consiglio d’amministrazione fino a raddoppiarla o quasi. E il ragioniere dell’azienda annota per eseguire. A beneficiarne sono stati quelli del Cda di un’azienda pubblica col 52,8% delle quote in mano ad una cinquantina di Comuni ed enti della provincia. La ’municipalizzata’ o ’multiutility’ si chiama Marche Multiservizi. Raccoglie rifiuti e garantisce gas e acqua alla famiglie. Certo, il servizio funziona a patto che si paghino le bollette, altrimenti zac, il rubinetto e le valvole della cucina rimangono a secco. Ma questo è normale, ed è forse l’unica cosa lineare di questa storia. L’altro 46,39% delle quote appartiene alla bolognese Hera, che indica l’amministratore delegato. Il resto, lo 0,03 sono privati. Bene, qualche giorno fa si riunisce l’assemblea dei soci (presenti tutti sindaci e delegati) per "approvazione del bilancio 2022, rinnovo delle cariche e dei compensi". Sembrava routine annuale, sorrisi dei presenti per l’utile di 15 milioni, pacche sulle spalle, cedole in arrivo, soddisfazione e pochi pensieri che il denaro arrivi in gran parte dalle bollette esplose nel 2022.

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Ad un certo punto, si alza il presidente della provincia Giuseppe Paolini (con l’8,6% di quote), barba da Mosé, ma senza le tavole della Legge perfettamente aggiornate sull’equo compenso, che dice: "Dopo aver parlato con un mio amico commercialista, propongo di aumentare i compensi del cda del 40% (ha detto così ma ha sbagliato per difetto quasi di 30 le percentuali, ndr) portando lo stipendio dell’amministratore delegato da 58mila a 100mila euro più premio di 50mila (questo c’era anche prima), poi al presidente del cda (di nomina politica) da 38mila a 60mila euro e ai componenti del cda (ugualmente di nomina politica, nella vita fanno altro) da 9mila a 15mila euro annui. Si alzano quattro sindaci, dicono che va benissimo, fine del dibattito, voto unanime, solo un astenuto del M5s, e tutti via per andare a cena.

Nel giro di tre giorni, il sito dell’azienda aggiorna i compensi e tutti vissero felici e contenti. O almeno sembrava. Poi il Carlino si accorge, prova a chiedere al presidente Andrea Pierotti se fosse normale aumentarsi gli stipendi così e crolla tutto. "Io ho congelato l’aumento – dice, togliendosi un peso –, non lo accetto. Non ne sapevo niente, eticamente è intollerabile. Convocherò una nuova assemblea per chiedere l’annullamento degli aumenti". Si pentono di quel voto tutti i sindaci, eccetto uno. È il primo cittadino di Urbino, Maurizio Gambini: "Un presidente come Pierotti che si comporta così è inadeguato". Il proponente, Paolini, ha detto: "Chiedo scusa, ho sbagliato nel fare la proposta in quel modo, ma i sindaci potevano anche votare contro". Il sindaco Ricci e il Pd: "Si azzeri subito tutto". Sipario.