Spar Arreda crisi, il piano per pagare i 30 milioni di debiti

Presentate al giudice 132 pagine per ottenere l’omologa del Concordato chiesto con riserva

I negozi Spar sono in tutta Italia

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Pesaro, 27 giungo 2019 - La SparArreda spa, azienda di cucine del patron Piergiorgio Vellucci, ha presentato tre giorni fa un piano di salvataggio di 132 pagine al tribunale di Pesaro per ottenere l’omologa del Concordato, chiesto con riserva nel febbraio scorso. I numeri dicono due cose: che il debito è alto (30 milioni di euro, di cui 8 dagli istituti di credito) e che le banche hanno la tentazione di stare alla finestra per vedere se l’azienda annega o riesce a nuotare fino a riva con le sue forze. Le cifre previste dal piano sono queste: volume d’affari di 10 milioni l’anno, con crescita prevista del 20 per cento annuo, ritorno in bonis entro il 2026, pagamento del 100 per cento dei debiti ai creditori privilegiati come dipendenti (devono avere 1 milione di euro), Fisco (tasse non pagare per 2,5 milioni), Inps (Tfr e previdenza non pervenuti del tutto nell’ultimo anno per 2,9 milioni) e tra i 500 e i 600mila euro per commercialisti, avvocati, periti, attestatori, commissari giudiziali.

Poi rimangono i creditori chirografari, in particolare le banche. Per queste è stata fatta una scelta: quelle più vicine alla Spar avranno il 40 per cento di quanto devono avere come la Bcc di Pesaro e Banca Intesa, mentre la percentuale scenderà al 20 per cento per quelle che non si dimostrano sensibili al destino dell’azienda. Che continua a dare lavoro a circa 90 dipendenti. Proprio alcuni di loro, di fronte al ritardo dei pagamenti delle mensilità, avevano chiesto mesi fa il fallimento della Spar ma il piano appena presentato li pone in una situazione di fiduciosa attesa.

Ma già da ora la ditta dovrebbero ottenere un credito di 1,8 milioni di euro dalla vendita, pro quota, di un capannone che apparteneva ad una società extra Spar di cui i Vellucci erano soci. Altri 2,8 milioni dovrebbero arrivare da un immobile commerciale messo in vendita a Bologna ma siamo ancora al compromesso e non al rogito. Per dare continuità all’azienda, i professionisti della Spar hanno previsto un flusso di cassa in 6/8 anni di 10 milioni di euro. Questo grazie al fatto che gli sforzi si concentreranno ancora sulla produzione delle cucine ma anche sul contenimento dei costi, come l’impossibilità di fare nuove assunzioni, di partecipare a mostre e fiere, di scegliere i fornitori energetici più concorrenziali, di abbattere del 50 cento i costi delle consulenze legali e commerciali, delle manutenzioni, dei servizi bancari, di accorciare i tempi per riscuotere i crediti dai clienti. Inoltre, si eliminerà la linea produttiva dei prefabbricati, concentrando in un unico stabilimento quella delle cucine.

La vera sfida sarà con le banche. Servono affidamenti costanti per circa 3 milioni. In altre parole, la Spar non può permettersi di aspettare 90 giorni per essere pagata da un cliente a cui ha venduto una cucina. Quel tempo va accorciato ad un giorno a condizione che le banche accettino di anticipare il credito. Ora il commissario giudiziale Enrico Frattini dirà se il piano è fattibile con una relazione che presenterà ai creditori. Che dovranno dire sì o no. Entrambe le scelte hanno dei rischi per i creditori. Si dovrà capire quella che fa meno male.