Matteo Ricci. "Ecco la mia città dello sport"

Il sindaco di Pesaro: da ala destra a fantasista della sinistra

Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci (Fotoprint)

Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci (Fotoprint)

Pesaro, 9 novembre 2018 - Il sindaco del contropiede. Propulsivamente all’attacco. Che più che a guardarsi alle spalle, spinge avanti. Se lo ricordano così, Matteo Ricci, dalle parti di Muraglia e del Benelli. Dove lui, anni Ottanta-Novanta style, piede elettrico e sbarazzino, sgambettava a tutto campo tra le fasce costituzionali del pallone.

Sindaco, in quale ruolo giocava quando era un poppante del calcio?

«Ho giocato fino ai 16 anni mezza punta. Centrocampo, fantasista».

Fantasista anche oggi?

«No, no, aspetti... A un certo punto vado a giocare negli allievi della Vis e mister Donati mi dice: ‘Te non sei buono di giocare lì perché non sai giocare spalle alla porta. Tu sei un laterale, perché punti sempre all’attacco’. Quindi mi ha spostato ala destra».

Destra? E allora come la mettiamo con la Sinistra e il circolo ‘Left’ che ha segnato la sua infanzia politica?

«Beh, perché spesso e volentieri rientravo a sinistra e crossavo d’esterno».

Si sente più un fantasista o un controcorrente?

«Mi piace giocare all’attacco e puntare all’obiettivo, per questo mi avevano messo sulla fascia».

Finalizzatore o assistman?

«Qualche gol lo facevo, ma ero più uno che crossava e metteva la palla per fare rete agli altri».

E in questi anni chi è stato, su spunto dei suoi assist, il finalizzatore?

«Negli ultimi dieci anni il finalizzatore è stato Ceriscioli».

Si può dire che con questo gioco di squadra avete vinto anche qualche partita con Ancona?

«Abbiamo vinto contro diversi. Partite anche a livello nazionale e locale».

Dal campo al playground...

«Il calcio è sempre stato il mio preferito, ma ho giocato anche a basket. Solo che lì ero davvero scarso, non avevo i fondamentali...».

Ma lei non si sente più un playmaker di basket che un calciatore?

«A volte mi rimproverano di andar troppo veloce. Insomma: non sarei stato un palleggiatore a calcio e neanche uno che aspettava i 25 secondi a basket...».

Match più memorabili della sua elezione a sindaco?

«In Berretti nazionali, esordii in prima squadra in un’amichevole precampionato col Villa Ceccolini. Entra il giovane Ricci e segna di testa su cross di Tentoni...».

Ora torni coi piedi per terra. Ci perdoni: coi piedi sulla ruota panoramica. Che Pesaro sportiva si vedrà da lassù?

«Partiamo dal Benelli. Nessuno ci credeva. Ho abbandonato la strada del nuovo e ho abbracciato quella della ristrutturazione. L’ho fatto con lo stadio e col vecchio palas».

Ma agli inizi sullo stadio...

«...La diffidenza era totale. Dicevano: ‘Ecco un altro che ci prende per i fondelli’».

Progetti?

«Dobbiamo valorizzare la vecchia Prato, con una nuova stecca. E lì ci vorranno almeno due anni».

Capitolo curve.

«Se dovessimo avere bisogno della prima, la faremo lato via Simoncelli. Lì la puoi fare da circa mille posti. Di là, dov’è rimasto il campetto d’allenamento, volendo si può fare un’altra curva».

Vis in ghingheri, in questo momento. Ci racconti per bene come è nato l’accordo con la Samp.

«Nasce con la società. E’ venuto Ferri da me dopo aver festeggiato e...».

Sì, ma ci racconti come è arrivato questo gancio coi blucerchiati.

«Dopo una botta di conti con Ferri, ci siamo riuniti e abbiamo fatto diverse valutazioni. Poi abbiamo sentito che alcune squadre di A ragionavano sull’ipotesi di fare squadre B. Ho chiamato prima Malagò e poi Fabbricini. Loro mi hanno fatto una rosa di nomi: Pescara, Sampdoria, Bologna, Roma, Fiorentina. La Vis si è messa in moto e con la Samp si sono trovati subito. Ma anche lì il percorso è stato lungo e difficile. Alla fine però è arrivato l’accordo. E si sono incontrate due società serie. Crespini, tra tutti, è stata una figura importante».

Dall’entrata della Samp, a quella a canestro. Come potremo riportare il basket al centro?

«Il vecchio palas è stato quello che è stato. La ristrutturazione che stiamo facendo è per un luogo che serva a fare sport ma soprattutto per la cultura. Un auditorium nel quale sarà anche possibile giocare. Ma il basket non deve tornare in centro, deve stare all’Arena. Perché in partite di punta può raggingere anche i cinquemila spettatori e il grande palas è il suo posto».

E con la Vuelle come la mettiamo?

«Al basket abbiamo cercato di stare molto vicini. Siamo stati accanto a Costa ed Amadori, anche in momenti molto difficili».

Eppure si dice che il Comune sia più vicino al calcio che alla pallacanestro.

«No, questo non si può dire. Perché il basket è lo sport principale della città e noi abbiamo fatto di tutto e di più. L’abbiamo dimostrato coi fatti. E’ chiaro che servirebbe un altro Scavolini...».

La migliore delle ricette possibili?

«Abbiamo bisogno di far appassionare qualcuno. E’ importante che questa sia un’annata discreta. Che porti passione. Da lì nasce tutto il resto. Che Daniel Hackett abbia scelto di fare la sua manifestazione qui la dice lunga sulla tradizione che abbiamo».

Unico neo della Pesaro sportiva, quella impiantistica: il ciclismo. Zero strutture. A parte le briciole del velodromo del Benelli.

«Quest’anno arriva la tappa del Giro, ma manca una struttura per far allenare i ragazzini. Abbiamo già presentato un progetto per la pista ciclorotellistica dietro l’Arena. Stiamo aspettando l’esito del bando, ma abbiamo già deciso che nel caso in cui non dovesse essere finanziato il prossimo anno mettiamo comunque a bilancio la realizzazione del percorso».

Pesaro-Fano. Quanto sta a livello sportivo?

«Seri si è trovato una situazione peggiore della mia, ma ha lavorato molto su questo fronte. Pesaro partiva da un 2-1 secco. Adesso, secondo me, siamo arrivati a un 3-2. Sugli impianti sportivi vinciamo il derby. Ora speriamo di vincerlo sul campo...».