Pesaro, Montecopiolo e Sassofeltrio a Rimini. Il sì della Camera

Via libera con 343 sì, 1 no (Alessia Morani del Pd) e 95 astenuti (Pd e Leu)

Del progetto di 'secessione' si discute da anni

Del progetto di 'secessione' si discute da anni

Pesaro, 13 marzo 2019 - Il tabellone elettronico della Camera si illumina. 343 parlamentari votano sì. Uno vota no (Alessia Morani del Pd) e 95 (tra Pd e Leu) si astengono. E’ stata sicuramente asimmetrica la maggiorenza che ieri pomeriggio ha approvato la secessione di Montecopiolo (il luogo di origine dei Montefeltro, tanto per intenderci) e Sassofeltrio verso l’Emilia Romagna. A ipotizzare questo distacco dodici anni fa era stato un referendum sempre contestato nella forma e nei tempi, organizzato all’indomani di quello previsto per i sette comuni secessionisti della Valmarecchia, che con la loro partenza sotto i domìni bolognesi, andavano a ingrossare i chilometri quadrati della provincia di Rimini, sempre a rischio di accorpamento perché considerata territorialmente troppo piccola.

Dopo dodici anni di attesa (e polemiche senza sosta, ravvivate da recenti raccolte di firme per interrompere questo iter) la Camera dei Deputati ha detto sì a questo distacco, e ora si prevede che il Senato farà altrettanto in tempi rapidi e forse senza resistenze particolari come quella della Morani alla Camera.

Montecopiolo avvicina così il confine della Romagna al territorio di pertinenza urbinate; si pensi solo che quel comune si incunea tra Carpegna e Macerata Feltria in quel lembo di terra che i Montefeltro hanno sempre (con successo) strappato ai Signori di Rimini. Ma oggi l’aria cambia, perché se da un lato le Marche non si sono mai espresse (per ostruzionismo alla procedura dell’iter) a questo distacco, in generale – diciamo la verità – a nessuno è mai importato granché della prospettiva di vederci portare via due capisaldi del nostro entroterra. La costa è storicamente impegnata a guardare solo a se stessa e quanto votato ieri alla Camera (con l’astensione del Pd, uno dei principali imputati nell’indifferenza a quei territori) è il simbolo dei tempi.

Nel giorno in cui a Londra si affossava il piano May per la Brexit, a Roma passava indenne e nell’indolenza la “MarchExit”. Poco prima del voto la Morani ha provato a farsi ascoltare con una valanga di motivazioni razionali e puntuali (elementi che di questi tempi vengono saltati a pie’ pari). Morani ha ricordato i vizi procedurali (il voto di ieri non all’indomani o entro 5 anni dal referendum ma dopo 12 anni, in violazione di una legge del 1970). Poi la mancanza dei pareri obbligatori per l’iter legislativo, come quello delle Marche mai espresso. Infine l’articolo 2 del trasferimento che deve avvenire senza oneri per lo Stato. Ma così non sarà. Insomma, tecnicamente la secessione non andava fatta. Ma... è quasi fatta.

g. l.