L’Istat 'interroga' un morto

Apecchio, questionario ad Antonio Fodaroni, scomparso nel 2014

IL CASO A sinistra, lettera dell’Istat. A destra, Antonio Fodaroni

IL CASO A sinistra, lettera dell’Istat. A destra, Antonio Fodaroni

Apecchio (Pesaro e Urbino), 12 marzo 2016 - «Gentile signore, la informiamo che lei, assieme ad altre 50mila persone è stato scelto per partecipare a un’importante rilevazione campionaria sulla sicurezza del cittadini che l’Istat svolgerà allo scopo di conoscere quanto le persone si sentono sicure nel proprio ambiente di vita e di rilevare quanto siano diffusi alcuni episodi, come, ad esempio, il furto del portafoglio o dell’automobile». E’ la lettera che nei giorni scorsi l’Istat ha mandato ad Antonio Fodaroni di Apecchio, solo che l’intestatario della missiva è deceduto da più di un anno, esattamente il 25 dicembre 2014 all’età di 92 anni.

«La sua collaborazione è indispensabile per capire cosa avviene nel Paese e ai suoi abitanti» continua la lettera, spiegando che il Fodaroni sarà chiamato per l’indagine via telefono nei prossimi giorni e sarà garantita la riservatezza di tutte le informazioni.

Una lettera tra l’altro che ha avuto tempi biblici essendo datata 28 settembre del 2015 e arrivata a casa Fodaroni solo da pochi giorni. Tra l’indignato e lo sconcerto la reazione dei famigliari del deceduto. «Tutto ciò ha dell’incredibile – sottolinea il nipote Giacomo Rossi, 33 anni – considerando che l’Istat dovrebbe essere un ente che grazie alle sue statistiche, dovrebbe fornire dati utili ed importanti per tutti. Se le richieste di sondaggio sono fatte così in ritardo e addirittura a gente deceduta, figuriamoci quanto possano essere veritieri i dati. Mio nonno avrebbe reagito sicuramente con qualche frase delle sue, che forse è meglio non riportare...».

«Abbiamo ritenuto opportuno divulgare l’accaduto – conclude Rossi – affinché si possa comprendere meglio che i numeri statistici che vengono dati e su cui la gente si basa per tante cose, anche serie, molte volte sono viziati da grossi errori, volontari e non. Quindi a volte è molto meglio basarsi sulla realtà e sul percepito, con l’auspicio che se proprio vogliono “dare i numeri” , li diano seriamente».