“Per milioni di tedeschi sarò il poliziotto d’Urbino”

Parla Leonardo Nigro, il protagonista della serie tv tedesca che andrà in onda a fine anno FOTO La festa della produzione prima di lasciare Urbino VIDEO Leonardo Nigro si racconta; VIDEO Nigro: "La mia fiction? Sarà vista da milioni di tedeschi" ARCHIVIO Uwe Janson: "Il mio poliziotto aiuterà tedeschi e italiani a sentirsi veri cittadini europei"

Leonardo Nigro in piazza della Repubblica durante le riprese di “Der Poliziotto”

Leonardo Nigro in piazza della Repubblica durante le riprese di “Der Poliziotto”

Urbino, 15 luglio 2015 - «Ho avuto la sensazione di essere in una città nella quale c’è appena stato un grande concerto, a seguito del quale tutti si vedono in piazza per bere e stare insieme. E’ una esperienza unica, spettacolare». Sono parole quasi commosse quelle di Leonardo Nigro, protagonista della serie tv “Der Poliziotto”, che racconta la sua vita a Urbino. Tra qualche mese milioni di tedeschi vedranno in lui il tipico urbinate che nelle vesti di un vigile urbano indaga sempre su nuovi casi di omicidio (uno per ognuna delle due puntate finora girate, da 90 minuti ciascuna e che serviranno a lanciare la fiction tedesca). Quando stava per lasciare la città si notava un velo di tristezza in occasione della festa che la produzione ha fatto alla Fortezza Albornoz.

Lei è italiano, è vissuto a Zurigo ed ora fa l’urbinate... Qual è la sua vera storia?

«Ho la doppia cittadinanza italo-svizzera, i miei sono emigrati negli anni Sessanta dalla Puglia a Zurigo. Sono nato in Italia perché all’epoca c’era una legge bruttissima in Svizzera: i lavoratori erano ben accetti ma non si potevano mettere su radici. Quindi mia sorella, che ha sette anni più di me, era costretta a stare coi nonni e al nono mese di gravidanza mia mamma prese il primo volo della sua vita e andò a partorire in Puglia, ad Avetrana. Poco dopo mio padre ebbe il permesso annuale e quindi siamo andati tutti ad abitare in Svizzera».

Che lavoro faceva suo padre?

«Il muratore. Sono orgogliosissimo di lui e di come lavorava. Per i miei è stata durissima; all’inizio per legge non potevano neanche vivere nella stessa casa».

Lei si sentiva emarginato in Svizzera? Cosa accadeva tornando in Italia?

«L’integrazione per la generazione dei miei genitori è stata un po’ più difficile, avevano l’appoggio di tantissimi italiani e la necessità di doversi integrare – ad esempio imparando il tedesco – era un po’ minore. Quando tornavo in Puglia gli amici mi dicevano: “Ehi Zurigo, come va?”».

Quando ha fatto l’esordio come attore?

«Ho iniziato a fare teatro nella missione cattolica italiana di Zurigo con i salesiani. Poi per il calcio frequentavo l’Interclub (che non ha a che vedere con l’Inter, era un club che riuniva tutte le squadre)».

Leonardo Nigro, sul set di "Der Poliziotto"

Era difficile il rapporto con i bambini svizzeri?

Leonardo Nigro sorride: «C’erano battaglie, tante battaglie. Gli italiani stavano con gli italiani, poi c’erano spagnoli e greci che volevano entrare nel nostro giro. Secondo me è una vergogna che in Svizzera ancora non si sia riusciti a fare un film decente su quell’epoca lì. Negli anni Settanta il clima era difficile, c’erano politici che volevano espellere tutti gli stranieri. Per capire il clima consiglio a tutti di vedere il documentario “Le trein rouge”, del 1974, di Max Peter Ammann. Agli italiani era vietato far politica e quando rientravano in patria, dopo il confine facevano sventolare le bandiere rosse come atto liberatorio. Non vi immaginate cosa accadeva: alcuni rischiavano l’espulsione perché si facevano tre ore di treno per andare a comprare qualche copia de l’Unità e poi diffonderla tra i connazionali».

Ricordi difficili...

«Sì ma ci sono anche cose molto positive. C’erano maestri che chiedevano alle famiglie di portare a scuola i bambini che erano tenuti nascosti. Poi abbiamo scoperto e sperimentato la democrazia diretta; tanti hanno dato il sangue per poter votare. Sicuramente non c’è spazio per il buonismo».

Cosa si prova a indossare una divisa, quella del suo protagonista, ovvero il vigile Roberto Rossi?

«Fa scaturire situazioni strane per me, molto buffe. Durante la pausa delle riprese un signore mi vede e dice: “Posso lasciare la macchina parcheggiata lì”? E io gli ho detto: “Guardi, sono... finto”. Però lo vedo come un complimento, vuol dire che è realistica la mia immedesimazione nel personaggio. D’altra parte Bruno Felici mi ha insegnato tante cose, così come gli altri vigili».

Qualche anomalia c’è in questa serie tv, che è pure costata tre milioni di euro fino ad oggi: un agente di polizia municipale come può indagare sugli omicidi?

«In Svizzera e Germania c’è un corpo solo delle forze dell’ordine mentre qua sono visti in modo differente gli agenti municipali, i poliziotti, i carabinieri, i finanzieri, i forestali... In Germania chi ha una divisa come la mia è un poliziotto e basta. Fa le multe o indaga sugli omicidi in base alle competenze».

Ha mai avuto la tentazione di fare la multa a qualcuno?

«No. Figuriamoci».

Nella serie lei guida la Vespa. Come è andata?

«Che paura... Non ci sapevo andare perché da ragazzino subii un trauma con un motorino. Però il professor Fulvio Palma mi ha dato lezioni preziose e l’ho guidata al meglio».

Qual è la prima cosa che ha fatto appena arrivato a Urbino?

«Con una guida turistica ho fatto una visita dettagliata per farmi raccontare storia e aneddoti».

Ci parli di Roberto Rossi, il suo personaggio. Come è? Cosa pensa?

«E’ uno a cui piace la solitudine fino a un certo punto e infatti abita fuori Urbino in un posto molto tranquillo. Non è il tipo che va a giocare a calcio con gli amici, non ha una vita sociale molto ampia. C’è però la figura di Malpomena, la sua amica d’infanzia. Roberto vuole bene alla gente e la gente gli vuol bene. Fa il vigile e per vari motivi – questa è una fiction, è chiaro – si ritrova a dover indagare su un omicidio in ogni puntata. La serie è basata sul romanzo scritto da Uli T. Swidler e per i tedeschi quello che vedranno è tutto plausibile. Io sono un poliziotto».

E risolve i casi...

«Roberto non riesce a staccare e scherzare su quello che ha visto. Credo che sia questo il bello del film: un non professionista si ritrova a indagare su un omicidio e capirlo. Questa è una cosa davvero speciale».

Qui di seguito il video con Leonardo Nigro che si racconta durante una pausa sul set

VIDEO «Torneremo nel 2016 per nuove puntate»