"Gioco la gara della vita"

Walter Bianchi, ex campione del Milan: "Lotto con il tumore"

Migration

Dodici anni di professionismo, uno scudetto (’87-88) e una Coppa Campioni (’88-’89) con il Milan, tante vittorie e tante soddisfazioni, ma anche una pubalgia martellante, dieci interventi chirurgici post infortuni, tre giorni di coma quando il 28 luglio del 1992 il pulmino del Verona finì contro una ruspa e ora pronto a vincere un’altra partita, quella più importante, quella che vale più di uno scudetto o una coppa dei campioni conquistate con uno dei Milan più forti di tutti i tempi: sconfiggere il tumore che l’ha colpito un anno e mezzo fa. Tutto questo, ma anche di più, è Walter Bianchi, 57 anni, da Cantiano. Bianchi è nato ad Aarau in Svizzera da emigranti italiani, là ha conosciuto Anna Lea, originaria di Cantiano, con la quale una volta smesso il calcio giocato, si è spostato scegliendo la residenza proprio a Cantiano. Successi importanti ma anche tanta sfortuna hanno segnato il percorso di questo atleta.

Bianchi, ora come sta?

"Abbastanza bene. Riguardo il tumore sto facendo tutti i controlli da protocollo, mi sono operato a giugno del 2019 e ho fatto la chemio, i capelli stanno ricrescendo, ora tanto per non farmi mancare niente ho un aneurisma aortico addominale da tenere sotto controllo".

Come ha scoperto il tumore?

"Purtroppo mio padre circa 40 anni fa è morto di un tumore, quella volta non c’erano gli accorgimenti di adesso. Quando ho avvertito delle difficoltà di digestione ho fatto degli esami particolari ed è venuto fuori il problema, grazie alla metodologia di adesso l’ho preso in tempo, una volta si moriva".

La sua vita è sempre stata una battaglia?

"Questo sì, però non mi sono mai tirato indietro, ho avuto anche tante soddisfazioni in ambito calcistico seppur limitate da infortuni; ho lottato sempre, anche nella malattia; un grazie anche ai medici e alle società, sono sempre venuto fuori con il sorriso sulle labbra, in fondo quando la si racconta va sempre bene".

Ha sentito più i suoi compagni di gioco e Sacchi?

"Con Sacchi ci sentiamo spesso. Nel periodo in cui facevo la chemioterapia e gli interventi l’ho sentito sempre, mi voleva in cura a Milano ma io ho seguito lo stesso protocollo a Fabriano; sento spesso anche Evani, Rocca e tanti altri di quella squadra, nella sfortuna mi ritengo fortunato di aver trovato nel calcio tanti amici che dimostrano tanta umanità".

Che ricordo ha di Berlusconi?

"Quando ci chiamò ad Arcore, in classifica c’era il Napoli che andava a mille, ci guardò negli occhi e ci convinse che potevamo raggiungerlo e vincere lo scudetto. Cosi fu. In realtà era uno di quei presidenti che non pensava di sapere tutto, si fidava dei suoi allenatori e dei giocatori. Non c’è una persona che abbia lavorato per Berlusconi che possa dire che il Cavaliere non sia stato corretto e leale con tutti".

Come trascorre la giornata?

"Leggo i giornali, seguo il calcio e il Milan che è ritornato al vertici, poi faccio il nonno, porto la legna per la stufa in casa e sono a disposizione della famiglia". Un po’ per dirla come il suo maestro Arrigo Sacchi: " Il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti".

Amedeo Pisciolini