La verità l’ha detta mister Colini, mentre tutti si abbracciavano dopo la conquista del terzo scudetto: "Mi viene da piangere al pensiero che questo gruppo conclude oggi il suo ciclo, è stata una squadra galattica". I nuovi regolamenti federali, che riducono il numero degli stranieri, costringono l’Italservice a smontare il giocattolo che in questi quattro anni ha vinto tutto e ad aprire una nuova pagina. Uno dei simboli di questo ciclo che si chiude è l’argentino Pablo Taborda che anche in garatre della finale, dopo l’espulsione di Borruto, ha tenuto sulle spalle la squadra, segnando il secondo e il terzo gol che hanno permesso di riacciuffare ogni volta la Feldi Eboli prima del graffio di Bolo che ha siglato il sorpasso vincente.
"Non è stato per caso che in questi quattro anni siamo stati sempre noi ad arrivare in finale e a vincere il tricolore - sottolinea con orgoglio Taborda -. Abbiamo battuto tutti i record, scrivendo una grande pagina nella storia del futsal italiano e credo che avremmo vinto anche nel 2020 se non ci fosse stato il Covid a fermare la stagione, eravamo in una forma strepitosa. Lo scudetto più bello? Ognuno ha un sapore diverso, li porto tutti e tre nel cuore".
La sua prestazione è stata clamorosa perché, proprio mentre sembrava scendere la rassegnazione sul campo, Pablo ha trovato due colpi vincenti che hanno tenuto in piedi la partita e anche il morale dei compagni: "Anche quando eravamo sotto ho sempre pensato che potevamo ribaltarla grazie ai campioni e al carattere che abbiamo, ho sempre avuto fiducia. Ci hanno fatto soffrire, ma ci sta: era la bella di una finale"
Un addio che sa un po’ di costrizione per Taborda e non solo per lui: "Sono decisioni che abbiamo dovuto prendere a causa di questa riforma a cui non trovo una logica e che finirà per abbassare il livello del campionato italiano - dice l’argentino -. Io vado in Spagna perché voglio rimanere ad alto livello e vedere se posso strappare ancora una convocazione in Nazionale per il prossimo Mondiale". Il suo saluto a Pesaro è un mix di gratitudine e malinconia: "Lascio una parte del mio cuore qua, ho vissuto a Pesaro quattro anni, dove i miei bambini sono cresciuti felici, dove mia moglie si è ambientata benissimo: è stato come avere una seconda famiglia, una seconda casa. Vado via con un pizzico di tristezza ma nello sport non si sa mai, bisogna sempre lasciare la porta aperta, e magari anzichè un addio sarà un arrivederci".
Elisabetta Ferri