"Non sono uno che molla, ho ancora fame"

Repesa chiarisce le dichiarazioni del dopo Trento: "Eravamo partiti per salvarci, ma ora sarebbe un peccato mancare i playoff"

"Non sono uno che molla, ho ancora fame"

"Non sono uno che molla, ho ancora fame"

"Non sono uno che molla, non lo sono mai stato: nei posti dove ho allenato nessuno ha mai pensato questo di me. Anzi. Credo si veda anche dai miei atteggiamenti, a volte pure esagerati per l’età che ho, 61 anni, quando strattono i giocatori per scuoterli o li abbraccio per caricarli. Perciò non voglio che si pensi nemmeno a Pesaro".

E’ il concetto che sottolinea con più forza coach Repesa spiegando e rettificando, alcune delle parole male interpretate a fine gara con Trento: "Non ho mai detto che i playoff non sono più alla portata, ho detto che non erano il nostro obiettivo di inizio anno, che l’obiettivo era la salvezza. E questa è la verità. Ma ho aggiunto che non andarci adesso nei playoff, dopo sette mesi che siamo sempre stati dentro le prime otto, sarebbe un peccato. Voglio chiarirlo perché un sacco di tifosi questa settimana mi hanno fermato nelle mie passeggiate sulla spiaggia per chiedermi perché mi sono arreso".

Ricostruisce a ritroso anche quello che aveva detto alla squadra in sede di ritiro: "Il primo giorno ho detto ai giocatori: sono venuto qui per provare a vincere qualcosa, non per vivere alla giornata. Ho 25 trofei nella mia bacheca ma ho ancora fame, specie guidando una società considerata non favorita. Sono stato bravo a convincere la squadra a seguirmi e il nostro sogno era la Coppa Italia perché in una partita secca una squadra come la nostra ha più possibilità di fare una sorpresa che in una serie playoff. Purtroppo ci siamo arrivati come sapete: senza Mazzola, con Delfino appena rientrato dopo mesi, due veterani che avrebbero potuto dire la loro; con Moretti ko da dieci giorni con la febbre, con Cheatham che ha giocato contro Varese con 38,5 di febbre, mai visto fare da parte di un americano, con Tambone che contro Brescia stava male e sarebbe stato meglio nel letto". "Ora sentir dire che questi ragazzi che hanno dato tutto per la causa hanno mollato non è corretto. Siamo anzi stra-arrabbiati prima di tutto dentro di noi per come abbiamo giocato e poi delusi per come la gente ci ha visto. Ma dopo il ko interno con Napoli, che è stato molto peggio di questo, non ho sentito questi attacchi ai giocatori".

Che cosa sia successo contro Trento lo ri-spiega così: "Avevamo voglia, anche troppa e siamo stati traditi da questo, qualcuno si è forse bruciato da solo, magari perché non è abituato a essere sempre sotto pressione. Siamo partiti in modo sbagliato, lasciando che Trento prendesse fiducia in attacco, dove sono penultimi come punti segnati, e hanno preso fiducia. Abbiamo aspettato 17’ prima di fare un fallo. Dopo tiravano come raramente hanno fatto quest’anno".

Rifiuta le similitudini con la sua prima stagione pesarese: "Stiamo parlando di due squadre molto diverse, due anni fa fummo falcidiati dal Covid e da una serie di infortuni nella seconda parte del campionato. Adesso abbiamo ancora le nostre chances e ce le giocheremo: anche se abbiamo perso uno scontro diretto non è finito il mondo". Non condivide la tesi della stanchezza fisica: "Arrivati a questo punto della stagione la stanchezza è mentale e si recupera soltanto attraverso le vittorie. Ci serve una vittoria importante, una prestazione intera come l’ultimo quarto giocato contro Brescia, dove ci siamo espressi come sappiamo. C’è ancora tanto da lavorare e da soffrire, perciò adesso spazziamo via quest’atmosfera negativa".

Elisabetta Ferri