Vuelle, Cioppi: "La svolta dopo gli errori"

Il direttore sportivo racconta la stagione del riscatto: "L’allenamento di domenica mattina dopo il ko con Napoli ha cambiato tutto"

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A volte bisogna anche riavvolgere il film all’indietro per capire il finale. Lo abbiamo fatto con il diesse Stefano Cioppi per ripercorrere una stagione che dopo 8 giornate vedeva la Vuelle con una sola vittoria. "L’annata era partita con grande entusiasmo perché Aza Petrovic è un allenatore empatico, che ha carisma, ma abbiamo fatto delle scelte sbagliate, ben presto sottolineate apertamente dallo stesso Aza, tanto che siamo andati a prendere Larson a tempo di record quando forse avremmo potuto avere meno fretta e scegliere meglio fra ciò che proponeva il mercato in quel ruolo. Per fortuna l’unica partita vinta con Petrovic in panchina è stata quella giusta, contro Trieste, un risultato poi rivelatosi decisivo per qualificarci ai playoff. Lui ha fatto poi un gesto di grande signorilità umana, riconoscendo la sua difficoltà nel proseguire la stagione e facendo un passo indietro".

Ed ecco l’arrivo di Banchi, che si rivela la svolta: come avete fatto ad arrivare a lui?

"Non era facile a quel punto trovare un sostituto, vista la situazione. Devo dire che Luca ha avuto veramente un grande coraggio, con il suo palmares, a prendere una squadra in tale difficoltà. Siamo stati bravi anche noi a convincere uno dei migliori allenatori d’Europa a sposare la causa, ma lui era talmente carico che già al debutto a Venezia potevamo sbancare e forse la scalata sarebbe iniziata anche prima. Invece il processo di miglioramento è stato graduale, passando per il pesante ko casalingo contro Napoli che, paradossalmente, ha girato la stagione".

Anche in questo caso il coach non ha sbagliato mossa, vogliamo ricordarlo quest’episodio?

"Ha convocato la squadra domenica mattina per un allenamento fasciati e senza regole, dopo la gara persa sabato sera: sono volate botte da orbi, con Delfino a trascinare tutti in una giornata che ha segnato l’inizio del nostro riscatto. Da lì in poi il gruppo ha assimilato l’intensità e la mentalità di Banchi ed è cresciuta: chi non s’è adeguato se n’è andato".

Il pubblico ha reagito in maniera straordinaria, scongelando le tensioni e lasciandosi andare a una passione mai sopita: com’è stata viverlo dal campo?

"Dopo un anno coi palazzi chiusi ne avevamo tanto bisogno, è stato un abbraccio bellissimo fra spalti e parquet. L’atmosfera è completamente cambiata per merito di una squadra che giocava bene e vinceva. A dimostrazione che il lavoro dei coach è decisivo, quelli bravi non solo allenano ma fanno migliorare le squadre, le impostano tatticamente. Per me al centro del progetto di un club ci dev’essere sempre l’allenatore".

Non lo era prima dell’arrivo di Repesa e poi di Banchi?

"La società ha fatto sempre scelte secondo le proprie possibilità economiche, tutelando prima di tutto la sopravvivenza del club: le salvezze sofferte e durissime centrate negli anni scorsi da Dell’Agnello, Paolini, Galli e Leka con organici all’osso hanno rappresentato il loro scudetto. Si è cercato di fare qualcosa in più nella stagione di Bucchi, ma abbiamo fatto scelte sfortunate. Negli ultimi due anni, prima con Repesa e poi con Banchi, abbiamo puntato un po’ più alto".

E ora non si riesce a metabolizzare l’idea di non ricominciare con Banchi: quante chances ci sono di trattenerlo?

"Speriamo di poterci permettere obiettivi più alti. Sto pensando a quanto potrebbe essere interessante e fantastico costruire una squadra insieme a Luca, condividere ancora quel sorriso aperto che gli ho visto per la prima volta nel tunnel dopo aver battuto la Fortitudo e poi a Napoli, una volta certi dei playoff. Forse non sarà professionale dirlo da parte mia, ma a volte ai sogni bisogna crederci".

Elisabetta Ferri