Valentino Rossi alle prese con il demonio dentro di sé

La sua prima vittoria a Brno nel 1996 ha dei connotati particolari, il modo con cui corre e vince quella gara manifesta dei 'segni' (nuova puntata del nostro speciale)

Valentino Rossi e la prima vittoria a Brno nel 1996

Valentino Rossi e la prima vittoria a Brno nel 1996

Tavullia, giugno 2021 - Raccontando la storia in modo più epico, si potrebbe dire che Valentino, più che le moto su cui saliva doveva dominare il «demonio» che ha dentro di sé, forse anche qui a sua insaputa. Sorridente e tentatore quel demonio gli sussurra all'orecchio: ma che ti frega se ancora non conosci bene la moto, vai pure più veloce che puoi, tanto ci sono io che ti guido, anzi ci sono io che guido per te.

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«Vale» era un bimbo, un poppante dei motori, si fidava ciecamente di quel demonio e andava allo sbaraglio, indifferente a tutto. E giù per terra. Mamma mia quanto cadeva Valentino Rossi da piccolo! Quelli che gli stanno intorno in quegli anni raccontano che dovevano frenare la sua aggressività, cioè quella del suo demonio. Ma alla fine il «beato» di Tavullia è stato l'unico indemoniato della storia a esorcizzarsi da solo.

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Valentino Rossi (dall'archivio privato)
Valentino Rossi (dall'archivio privato)

Cadeva e si rialzava, cadeva e si rialzava: andò a finire che da un certo punto in avanti vedere il «46» di Valentino grattare l'asfalto divenne una cosa rara. Certo è che la sua prima vittoria a Brno nel 1996 ha dei connotati particolari, il modo con cui corre e vince quella gara manifesta dei «segni», non è solo la vittoria di un giovane ragazzo di talento. A parte la porchetta di Tavullia, i giornali scrivono cose che sanno di premonizione. Dice uno: «La vittoria di un ragazzo che si diverte ad andare in moto, che sembra non avere paura di nulla, un ragazzo dalle grandi doti naturali».

Valentino in festa con gli amici
Valentino in festa con gli amici

Dice un altro: «Le sue sbandate fanno rabbrividire chi sta a casa o al muretto dei box, per lui non ci sono problemi, pur avvertendo il rischio imminente ad ogni piega. Da tempo il ragazzo ci aveva fatto venire la pelle d'oca con i suoi sorpassi mozzafiato e con atteggiamenti da supercampione sprezzante del pericolo». Per dirla con uno che la sapeva lunga: è il destino che bussa alle porte della storia del motociclismo, quel 18 agosto 1996 è davvero l'alba del «Vday». E tuttavia la rivelazione totale non è ancora del tutto pronta. Da Brno alla fine del campionato mancano anche quattro gare nelle quali Valentino non brillò certo come un astro luminoso: fa quinto a Imola, sesto in Spagna e in Brasile e chiude con un più che anonimo quattordicesimo posto in Australia. Ma i profeti sono fatti così, una volta che si sono rivelati tutti sanno che è solo questione di tempo perché il loro verbo si diffonda per ogni dove. E infatti mentre cala il sipario cul campionato del mondo del 1996, gran parte del mondo dei motori è già in fremente attesa dell'inizio di quello del 1997: che cosa ci riserverà quel ragazzino biondo di neanche diciotto anni che a Brno ci ha fatto battere forte il cuore come mai prima d'ora? Tutta questa attesa non andrà di certo delusa. Franco Bertini