REDAZIONE POLITICA

Come si ferma la corruzione

di Claudio Martelli

LA SERIE televisiva «1992» di Sky dedicata a Tangentopoli, sta riscuotendo un gran successo. Il crimine, specialmente se associato con gli intrighi di potere, affascina, e non solo in Italia. Potenza della televisione! Appena tre anni fa il ventennale di Mani pulite passò quasi sotto silenzio accompagnato dall’amaro commento di Francesco Saverio Borrelli, al tempo Procuratore capo a Milano: «Chiedo scusa per il disastro seguito a Mani pulite: non valeva la pena di buttare il mondo precedente per cadere in quello attuale».

Non si tratta di un’impressione, ma di un’evidenza conclamata dagli osservatori internazionali come dalle denunce dei magistrati italiani. Per non parlare delle cronache che, dopo i casi Parmalat e Monte dei Paschi di Siena, le alluvioni e i terremoti annunciati e non previsti, raccontano le retate di politici e, soprattutto, di dirigenti e funzionari pubblici per le vicende Expo, Mose, Roma Capitale, Frecce e Cooperative rosse. Eppure, l’operazione Mani pulite, vent’anni fa, non fu certo mite, blanda o accomodante, al contrario, fu ampia, violenta, discriminatoria. Tremilacinquecento arrestati, più di trentamila indagati, e, tra questi, quasi cinquecento parlamentari, decine di ministri ed ex ministri, parecchi ex Presidenti del Consiglio.

INSIEME a loro migliaia di amministratori locali, imprenditori, funzionari pubblici e privati. Mani pulite è stata la più dura, estesa e concentrata repressione giudiziaria della storia repubblicana, superiore, per intensità, persino alle varie repressioni del terrorismo e della mafia. Eppure – come racconta il libro di Della Porta e Vannucci, Un paese anormale – già «alla fine degli anni Novanta, il numero di persone denunciate per corruzione era quasi cinque volte superiore alla media di prima del ‘92». Insomma, pochi anni dopo la deflagrazione di Tangentopoli la corruzione era già ricominciata non come, ma molto peggio di prima. Nel frattempo i politici e i partiti della prima repubblica erano scomparsi, ma la corruzione, privatizzata, è dilagata sino ai casi estremi di segretari amministrativi dei nuovi partiti che ne hanno svaligiato le casse.

Che lezioni trarne? Primo: autori e responsabili della corruzione non sono i partiti ma gli uomini; secondo: indagini, processi, condanne inflitte dalla magistratura, quando giuste ed efficaci, servono a punire i singoli ma non aggrediscono le cause del fenomeno e non agiscono come deterrente; terzo: la corruzione non è monopolio della classe politica o dei ceti imprenditoriali, era ed è diffusa a tutti i livelli, ramificata in tutti gli ambienti, infiltrata ovunque si maneggino e si scambino denaro e potere. Per prevenirla, per contrastarla, per eliminarla o ridurla servono certamente buone leggi, ma servono soprattutto stampa e tv libere, comunità attive, partecipi, vigilanti e costumi individuali educati a cercare la prosperità attraverso il merito. Soprattutto servono una vera democrazia politica fondata sul rapporto e sul controllo degli elettori sugli eletti e non parlamenti composti da nominati e serve un libero mercato concorrenziale e trasparente e non cordate di imprenditori che si spartiscono appalti senza gare.

di Claudio Martelli