I nemici di Draghi. Un esercito litigioso assedia il premier. Ecco dove attaccherà

Troppi galli nel pollaio che tirano per la giacchetta l’inquilino di palazzo Chigi

Assediato da Giuseppe Conte, assediato da Matteo Salvini, assediato da Giorgia Meloni. Assediato pure da Marco Travaglio a colpi di moschetto quotidiano. Si vede insomma che le elezioni politiche si stanno avvicinando e che al 2023 mancano pochi mesi. Gli avversari di Mario Draghi sono dentro la sua maggioranza (Lega, ma anche quel che resta dei Cinque stelle dopo la scissione di Luigi Di Maio, che si è portato via una sessantina di parlamentari) e fuori, citofonare Meloni.

Cinquestelle all'opposizione: ecco l'incubo dei dem

La leader di Fratelli d’Italia sulla coerente opposizione ci ha costruito il successo degli ultimi anni, con l’obiettivo dichiarato, adesso, di portare in Italia un animale mitologico: il partito conservatore.

Mario Draghi, nato nel 1947, al suo arrivo mercoledì al Museo del Prado di Madrid
Mario Draghi, nato nel 1947, al suo arrivo mercoledì al Museo del Prado di Madrid

Nel frattempo, tutt’intorno, il mondo brucia, mentre siamo qui a baloccarci, via Domenico De Masi, con che cosa avrebbe detto Draghi a Beppe Grillo a proposito di Conte (il capo del governo, ieri in conferenza stampa, ha affermato: "Mai fatte queste dichiarazioni. Dicono che ci sono dei riscontri oggettivi? Beh, vediamoli. Non capisco perché mi si voglia tirare dentro questa faccenda. Mi è estranea").

E dunque: la guerra in Ucraina è tutt’altro che finita, i prezzi delle materie prime sono in aumento e l’inflazione galoppa. Da queste parti, però, abbiamo di che divertirci: ci sono i bruciori di stomaco di Conte; la scissione di Di Maio, che ora accusa i populisti dopo essere arrivato dove è proprio grazie ai gilet gialli del M5s; le manovre al centro e la selva di galli nel pollaio, che tirano per la giacchetta Draghi e sperano in un suo impegno anche nel 2023. Ma persino dei sostenitori, tuttavia, Draghi può fidarsi poco.

Il fuoco amico è ovunque. Anche quando gli “amici” sono legittimati ad agire, beninteso. Prendiamo Enrico Letta, che ciclicamente rinvigorisce l’identitarismo del Pd: dopo aver tentato con il ddl Zan la carta dei diritti, ora c’è il cosiddetto Ius Scholae, criticato dalla Lega, che è sì un’iniziativa parlamentare, e quindi politicamente legittima da parte di un partito della maggioranza, ma testimonia l’attivismo di una forza di maggioranza che sembra avere un’altra agenda rispetto a quella Draghi.

E Confindustria? Il presidente Carlo Bonomi è a corrente alternata, nel senso che alterna attacchi a gentilezze, ceffoni a elogi. Ultimamente, per dire, ce l’ha soprattutto con il ministro del Lavoro Andrea Orlando (oggetto del contendere: il salario minimo). L’ha accusato "di occuparsi soltanto di trovare lavoro ai navigator… Noi proponiamo di tagliare le tasse sul lavoro, mentre le proposte del ministro Orlando non le ho ancora sentite". E via così. Draghi è insomma il parafulmine di un governo che aveva già molti problemi prima dell’elezione del presidente della Repubblica. Figurarsi ora.