Bologna, 13 marzo 2018 - Ci sono due atti di coraggio nella vita della Colorlac. Il primo è quando nel 1988 Ottavio Maltoni, un tecnico di un’industria di vernici, decide di mettersi in proprio, da solo, in un capannone di Toscanella. Il secondo è quando suo figlio Gabriele, fresco di laurea in chimica industriale, entra in azienda e si inventa anche ingegnere, per realizzarsi da sé i laboratori di sintesi che usava a all’università. «Avevamo una macchina per il gelato per il freddo e un fornelletto per il caldo – ride –, e vista la fatica, se tornassi indietro, prima di rifarlo ci penserei un attimo...».
Ottavio e Gabriele Maltoni, partiamo dai fondamentali: voi non realizzate vernici, ma materia prima per chi fa poi le vernici.
«Ovvero i coloranti e i pigmenti che poi, diluiti e miscelati, compongono la vernice».
I vostri clienti, dunque?
«Sono le aziende e i fornitori di vernici in Italia e nel mondo».
Ma sul mercato, i vostri coloranti, dove finiscono?
«Sui mobili e i materiali in legno per l’edilizia. Ma anche sulla pelle di divani, calzature e accessori di moda».
Perché vi scelgono?
«Perché oggi il colore non è solo una parte della produzione, ma un elemento identitario. E noi siamo in grado di mettere a punto un alto livello di personalizzazione dei colori del cliente. In più assicuriamo affidabilità, tenuta e replicabilità nel tempo».
Cosa vuol dire?
«Che se tra cinque o più anni servirà di nuovo quel dato colore, per realizzare pezzi di ricambio identici agli originali, siamo in grado di farlo».
Miracolo?
«No, molecole: le sintetizziamo, perciò sappiamo replicarle all’infinito».
Una novità degli ultimi anni?
«Abbiamo spinto molto sull’apertura dei nostri laboratori ai clienti. Possono venire a trovarci, e partecipare al processo di personalizzazione».
Per poi rubarvi i segreti...
«Guardi, se anche questo fosse il loro obiettivo, non sarebbe per nulla facile. Le formule chimiche, vede, sono un... segreto di Pulcinella. Il segreto sta nelle persone, e nel sapere maturato negli anni».
Nel futuro cosa c’è?
«C’è il Reach, che in italiano sta per: registrazione, valutazione e autorizzazione di prodotti chimici. È il nuovo regolamento della Ue sull’industria chimica, una sorta di rivoluzione copernicana, perché rende ogni azienda chimica responsabile delle sostanze che produce o importa dall’estero. Essere in regola comporta analizzare approfonditamente tutto, poiché non basteranno più i certificati all’origine: responsabile è chi le sostanze le usa».
Ci sarà da mettersi in regola.
«Gran parte del mercato infatti è in fibrillazione. Dovrà sostenere investimenti ingenti e in fretta, per rimanere sul mercato. Ma noi siamo pronti, e coglieremo questo vantaggio».