CHI HA DETTO che le migliori aziende del comparto cuoio-pellami sono toscane? La Felìsi – ferrarese doc – è la prova che esistono eccezioni. E che eccezioni. Anna Felloni, titolare appunto della Felìsi ha portato questa impresa nostrana ai vertici del settore a livello internazionale. Una donna sola al comando, con capacità, coraggio e grinta. E accanto a lei una squadra (due nipoti, in particolare) all’altezza. Grazie all’originalità, alla qualità e al gusto unico delle borse e degli accessori ha conquistato vari paesi del mondo con una predilezione per il Giappone dove spesso l’imprenditrice si reca. Già, l’export: rappresenta ben il 90% del fatturato aziendale, una specie di record. E la produzione, si diceva, è made in Ferrara. Il target è alto come testimonia il costo del prodotto: una borsa Felìsi a Tokio può costare anche mille euro. È insomma una Ferrari del settore cuoio.
Felloni, la sua è un’azienda con una storia importante.
«La Felìsi è nata nel 1973 in un piccolo laboratorio, in casa mia, in pieno centro storico. Poi l’evoluzione, la crescita e il boom».
Siete artigiani e industriali al tempo stesso…
«In un certo senso sì, perché abbiniamo la personalizzazione e la cura diretta di ogni prodotto a una visione ampia e organizzata dell’impresa».
Producete borse unisex, ma non solo.
«Le borse sono in pelle ma anche in altro materiale a cominciare dal nylon. Poi creiamo cinture, portafogli, portachiavi e borse morbide da viaggio. Il nostro stilista è Domenico Bertolani, con noi da oltre vent’anni»
La svolta, all’inizio degli anni ’90, parla giapponese e va cercata in una storia curiosa.
«Sì. Una nostra borsa fu notata e apprezzata, in un’elegante vetrina di Parigi, da un importante importatore di Tokio. Ci cercò in ogni dove in Italia e finalmente ci trovò. Da allora nacque un sodalizio…d’acciaio: oggi il nostro partner conta 14 negozi monomarca e 8 corner all’interno di grandi magazzini».
E non solo Giappone…
«Le nostre creazioni si trovano anche a New York e in tutti gli Usa grazie a un Big Store, a Dubai, Singapore, Honk Kong, Corea».
C’è poi l’aspetto strettamente produttivo. Come siete organizzati?
«Le pelli – le migliori in commercio – provengono dalla Toscana: vacchette di base conciate al vegetale. Nei due laboratori (grandi, moderni, ordinati ndr.) vengono tagliate, lavorate e cucite per trasformarle, nelle creazioni sfornate dallo stilista e dal suo staff. Il tutto nel rispetto della salute dei dipendenti e dell’ambiente».
La parte finale della lavorazione viene esternalizzata.
Sì, si tratta dell’assemblaggio, affidato ad alcune piccole aziende della nostra zona. È il nostro prezioso indotto. I prodotti tornano poi in azienda per il controllo conclusivo (ciascun pezzo contiene una targhetta con le info, insomma la tracciabilità) e si procede alla spedizione».
I principali dati e caratteristiche dell’azienda?
«65 addetti, operativi nelle due sedi di produzione, due negozi di cui uno a Ferrara in corso Giovecca e uno a Milano. Il fatturato è di 8 milioni».
Che ci dicono raddoppierà.
«Il nostro piano è questo. Entro 4-5 anni».
E cresceranno anche i dipendenti. Almeno venti addetti in più.
«La Felìsi ha poi un’assoluta particolarità: è un’azienda rosa. Gli uomini sono solo tre»..