Intersurgical "Abbiamo dato respiro all’Italia"

Premio Mascagni, la Intersurgical di Mirandola: "Prodotti 1.600 caschi al giorno per la ventilazione non invasiva"

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Abbiamo imparato a conoscerli durante la pandemia. Sono i caschi Cpap (Continuous Positive Airway Pressure), presidio fondamentale nella lotta al coronavirus. L’Intersurgical di Mirandola (Modena) è tra le pochissime aziende che li produce e ha visto un importante incremento di attività, come spiega Cosetta Cavicchi, direttore amministrativo e finanziario.

Avete avuto un ruolo determinante durante l’emergenza sanitaria.

"La nostra pluriennale esperienza ci ha resi attivi nel contrasto all’epidemia grazie alla produzione dei caschi per ventilazione non invasiva StarMed, divenuti in moltissimi ospedali l’interfaccia paziente più idonea nel trattamento dei positivi. Parlano i dati: prima producevamo 30-40mila caschi all’anno, di cui il 30% destinati all’estero. Durante la prima emergenza ne abbiamo fabbricati oltre 50mila, fino a 1.600 al giorno. Oltre a essere uno strumento semplice ed efficace nell’intervenire tempestivamente sui casi di Covid meno gravi, è in grado di proteggere gli operatori sanitari".

Come nasce l’azienda?

"L’attività ha inizio con StarMed Spa, fondata nel 1992 a Mirandola, specializzata nei prodotti per la ventilazione non invasiva, più specificatamente i caschi per la terapia Cpap e Niv. Nel 2007 StarMed è acquisita da Intersurgical, specializzata nella produzione e distribuzione a livello mondiale di dispositivi medici per la respirazione. Intersurgical è nata nel Regno Unito nel 1982".

Il casco per ventilazione made in Italy: come è stato progettato e come funziona?

"L’attività di Intersurgical è da sempre focalizzata sulla ventilazione non invasiva. I caschi sono il risultato di un progetto nato più di 20 anni fa dalla sinergia tra clinici e tecnici, e perfezionati nelle prestazioni, nei materiali e nel comfort al paziente grazie al team di ricerca & sviluppo della sede di Mirandola. Il casco Cpap permette una terapia anche all’esterno dei reparti di Intensiva e Rianimazione, liberando posti letto per pazienti più gravi e riducendo i tempi di degenza, e anche i costi per la struttura ospedaliera".