2008-05-03
di CARLO RAGGI
A 86 ANNI, Lorenzo Panzavolta è stato costretto a varcare i cancelli del carcere di Port’Aurea. Per la prima volta nella sua vita, anche se già altre due volte aveva conosciuto l’onta dell’arresto: nel ‘93, in pieno clima di ‘Mani pulite’ e nel ‘97. Ma in entrambi i casi la misura cautelare era agli arresti domiciliari, per via dell’età. Ora l’eta avanzata, trattandosi di condanna definitiva, non gli ha permesso di evitare la cella. Raggiunto da un ordine di carcerazione per concorso esterno in associazione mafiosa dovendo scontare sei anni di reclusione, Panzavolta non ha potuto beneficiare di quella parte della cosiddetta ’legge ex Cirielli’ che ha previsto che chi abbia compiuto i 70 anni sconti la detenzione nella propria abitazione, o in un luogo di cura o accoglienza. E’ la stessa legge ‘ex Cirielli’ infatti ad escludere il beneficio per chi è condannato, fra l’altro, per reati di mafia, come appunto Panzavolta per il quale le pena si riferisce all’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

PANZAVOLTA è stato arrestato mercoledì pomeriggio dagli uomini della Squadra Mobile di Ravenna e accompagnato subito a Port’Aurea. Immediatamente i suoi legali, gli avvocati Filippo Sgubbi e Francesco Arata hanno presentato una istanza al Tribunale di sorveglianza di Bologna e ieri mattina l’hanno corredata di ulteriori documenti. Si chiede la scarcerazione dell’anziano manager e l’applicazione della forma alternativa di detenzione, quella domiciliare, prevista, in generale, per gli ultrasettantenni.

«ATTENDIAMO una risposta per i primi giorni della prossima settimana» precisa l’avvocato Sgubbi. Nell’istanza si fa riferimento non solo all’età molto avanzata di Panzavolta e alle sue condizioni di salute, ma anche — pare — al sempre corretto comportamento processuale, ai rapporti collaborativi mantenuti con altre autorità giudiziarie, al fatto che le condotte per le quali il ravennate è stato condannato risalgono addirittura a vent’anni orsono, agli anni Ottanta.

LA CONDANNA per concorso esterno in associazione mafiosa si fonda sul materiale testimoniale a suo tempo reso ai magistrati palermitani da Angelo Siino, all’epoca conosciuto come il ministro dei Lavori Pubblici di Cosa Nostra, ovvero di Totò Riina. Poi a Siino si aggiunsero altri ‘pentiti’. Nel 1997 Siino cominciò a parlare di un patto segreto fra Cosa Nostra e grosse imprese di costruzioni per accaparrarsi lavori pubblici in Sicilia. Fra quelle imprese Siino fece il nome della Calcestruzzi, all’epoca gestita da Lorenzo Panzavolta, uno dei segmenti più appetitosi e redditizi della holding Ferfin di Raul Gardini. Sulla base delle accuse, Panzavolta venne posto agli arresti domiciliari nell’ottobre del 1997.

L’EX MANAGER ha sempre respinto e con sdegno l’accusa: «Ho saputo solo nel 1993, a Milano, durante l’inchiesta Mani Pulite che l’imprenditore palermitano Antonio Buscemi, socio al 50 per cento della Calcestruzzi Sicilia, era indagato per mafia. Cercai subito di avviare le procedure per la sua estromissione, ma Mani Pulite travolse la Ferfin e della mia iniziativa di pulizia si sono perse le tracce. Fino ad allora per noi Buscemi era un imprenditore, sia pure fratello di un mafioso». Ma la tesi difensiva di Panzavolta non ha sortito alcun effetto: condannato in primo grado l’11 luglio 2002, la sentenza fu confermata in appello e poi, pochi giorni fa, in Cassazione. Di qui l’immediato ordine di carcerazione emesso dalla Procura generale presso la Corte d’appello di Palermo che ha portato in carcere l’ex manager. Con Panzavolta sono stati arrestati gli altri condannati: Filippo Salamone, sei anni e mezzo, e Giuseppe Bini, otto anni per partecipazione ad associazione mafiosa. Era Bini infatti a gestire la Calcestruzzi Sicilia e a tenere i rapporti con la mafia.