2009-03-12
UNDICI ordinanze di custodia cautelare in carcere, una agli arresti domiciliari: le hanno eseguite ieri mattina i carabinieri della Compagnia di Ravenna e l’ipotesi di reato è quella di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, ovvero alla creazione di contratti per utenza telefonica cellulare senza che gli intestatari l’avessero mai richiesta. E’ la conclusione di una maxi indagine portata avanti soprattutto dai carabinieri della stazione di via Alberoni in parallelo con una inchiesta dall’analogo contenuto, definitasi nel febbraio di un anno fa con tre arresti e ora in fase di giudizio di primo grado e dove uno degli imputati, Emanuele Riontino, di 28 anni, foggiano da anni abitante a Ravenna, figura fra i destinatari delle misure di ieri. E’ lui l’anello di congiunzione fra le due inchieste, anche se colui che è indicato come uno degli organizzatori dell’associazione a delinquere è un uomo ben conosciuto dagli inquirenti ravennati, il 57enne Alcide Bravi, residente a Lido Adriano (nel 1990 rimase vittima di un clamoroso errore giudiziario venendo arrestato per associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta sulla banda delle Coop di Bologna da cui fu poi completamente scagionato quando si accertò che i responsabili erano i poliziotti della Uno bianca).
In carcere, su ordinanza del gip Corrado Schiaretti, richiesta dal pm Stefano Stargiotti, sono finiti, oltre a Bravi e a Riontino, anche Stefano Baccarini di 45 anni di Sant’Alberto, Claudio Turra di 49 anni di Mezzano, Emanuele Berti di 43 anni di Lido Adriano, Irina Angheluta di 29 anni, convivente con Bravi, Filippo Seletti di 35 anni, domiciliato a Ravenna, Daniele Morelli, di 48 anni, di Piangipane, Marisa Bassi di 47 anni di Cervia, Luigi Barbieri di 40 anni di Marina di Ravenna e Luciano Di Renzo di 41 anni, di Cervia. Agli arresti domiciliari è Angela Picanza di 37 anni, moglie del Di Renzo. Fra i difensori, Massimiliano Nicolai per Di Renzo e Picanza, Francesco Tabanelli ed Erica Appi per Baccarini. Una sedicesima persona, per la quale il pm aveva chiesto la misura coercitiva, ma il gip non l’aveva concessa, è stato arrestato in flagranza di reato perchè nel corso della perquisizione nella sua abitazione sono state trovate due carte di identità con la sua foto, ma con false generalità: si tratta di Ciro Natale, casertano di 45 anni, domiciliato a Ravenna, che qualche anno fa si trovò al centro di un’inchiesta per associazione a delinquere finalizzata a una serie di truffe ai danni di concessionari di auto condotta dalla Polizia stradale. Ciro Natale comparirà questa mattina in tribunale per il processo per direttissima. E’ difeso dall’avvocato Carlo Benini.
L’indagine è stata illustrata ieri mattina nel corso di una conferenza stampa presso la caserma dei carabinieri di viale Pertini, tenuta dal comandante della Compagnia di Ravenna, Matteo Gabelloni e dal comandante della Compagnia di Comacchio Fabio Imbratta; venne avviata nel 2007 allorchè i carabinieri di via Alberoni e quelli della stazione di Porto Garibaldi cominciarono a ricevere denunce di persone che si erano viste recapitare bollette telefoniche addebitate in banca anche per importi notevoli, ma per contratti per telefoni cellulari mai firmati. Sulla scorta delle denunce nacquero due inchieste, una che aveva come fulcro la ‘GS Promoter’ di Ravenna (imputati Silvio Vaschetto, Donatella Marchese, Emanuele Riontino e Marte Ubaldo) e l’altra — quella che ha portato agli arresti di ieri — che si è snodata attraverso personaggi come Riontino e Bravi. In pratica, dopo il fallimento della ‘Gs Promoter’, ci fu chi utilizzò i nominativi contenuti nella banca dati della ditta per proseguire la duplicazione dei contratti. In particolare al centro dell’inchiesta è finita la ditta ‘Genis’ con sede a Lido Adriano, in cui operavano Alcide Bravi, Emanuele Riontino, Claudio Turra e Irina Angheluta; Baccarini era invece un procacciatore di clienti ‘Enelbussines’ che — stando all’ipotesi accusatoria — passava anche lui i dati dei clienti alla ‘Genis’ dove avvenivano le falsificazioni dei contratti.
Le indagini hanno permesso di individuare almeno 130 persone che si sono ritrovate intestatarie di contratti falsi con gestori come H3G, Vodafone, Tim: molti si sono visti recapitare superbollette — anche fino a tremila euro — perchè le schede sim relative a quei contratti erano utilizzate da cittadini stranieri o in call center, cui provvedevano a ‘venderle’ gli organizzatori della mega truffa. Questi hanno ricevuto dalle compagnie telefoniche, come beneficio per i contratti fasulli, telefoni cellulari (almeno seicento), schede di navigazione internet e Pc (un centinaio).
Buona parte degli ignari intestatari dei contratti non avranno danni in quanto l’indagine dei carabinieri è valsa a bloccare le procedure di addebito, ma altri, quelli che si sono già visti addebitare gli importi ora dovranno chiedere ai gestori il rimborso. Per quanto riguarda i coniugi cervesi, questi sono i titolari di due locali pubblici presso cui Riontino faceva recapitare dai gestori i pacchi con i telefonini , le schede e altro. La Picanza sostiene di essere estranea e anzi di aver provveduto a denunciare Riontino ai carabinieri di Cervia.
Contestualmente agli arresti sono state effettuate numerose perquisizione; in un capannone di Villanova di Bagnacavallo, di proprietà di Turra, adibito a deposito, sono stati quintali di pasta e anche centinaia di bare.
Carlo Raggi