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GIUSEPPE Minardi, amministratore della storica società che da sempre a Faenza è sinonimo di ‘Fiat’, è stato prosciolto, a conclusione dell’udienza preliminare davanti al gup Cecilia Calandra, dall’accusa di associazione a delinquere finalizzata, attraverso condotte di falso ideologico, a commercializzare sul mercato italiano autovetture nuove Ford fatte ‘falsamente’ apparire come destinate al noleggio, così da beneficiare di prezzi di acquisto inferiori a quelli praticati da Ford Italia per le auto destinate alla vendita. Con Minardi (che è difeso dall’avvocato Giovanni Scudellari), dalla pesante accusa sono stati prosciolti i coimputati Elena Cortesi, della Ford Italia con sede a Roma e il modenese Gianni Malagoli. Per la Cortesi il proscioglimento è scattato anche per l’accusa di falso, accusa che invece rimane per Malagoli e Minardi che sono stati pertanto rinviati a giudizio (inizio del processo, verso la fine di novembre). Di questa associazione è accusato un quarto imputato, Tiziano Lupinelli, forlivese, direttore commerciale della Minardi srl: l’imputato ha però scelto a suo tempo di patteggiare (la relativa sentenza sarà letta oggi assieme ad altre relative a imputati che pure hanno scelto, per altre contestazioni, il patteggiamento). La decisione del gup è molto importante in quanto, proprio perchè adottata in un contesto — l’udienza preliminare — in cui gli spazi di manovra del giudice sono limitati, evidenzia come questo fronte dell’inchiesta fosse privo degli elementi accusatori in forza dei quali diventa sostenibile l’accusa in dibattimento. Il fatto è che nel dicembre del 2006 il gip del tribunale di Ravenna firmò ordinanze di custodia cautelare addirittura in carcere per Giuseppe Minardi (e altri) motivando le esigenze cautelari con il rischio di ‘reiterazione del reato’ proprio in relazione alla condotta associativa che ora il gup ha ritenuto invece inesistente.
Sempre ieri il giudice Calandra, a conclusione del processo con rito abbreviato, ha assolto il faentino Alfeo Casta, consulente amministrativo della Minardi e la faentina Silvia Albonetti, collaboratrice della società, dalle rispettive accuse per le quali a suo tempo era stata esercitata l’azione penale. Casta era accusato di aver concorso con Minardi e altri nell’emissione di false fatture finalizzate, in ultima analisi, all’evasione dell’Iva; la Albonetti era invece accusata di falso, per aver compilato i moduli da presentare alla Motorizzazione per l’immatricolazione dei veicoli, relativi all’assolvimento dell’Iva intracomunitaria. Per Casta aveva chiesto l’assoluzione anche il pm Isabella Cavallari che aveva invece chiesto la condanna a otto mesi di reclusione per la Albonetti. I due erano difesi dall’avvocato Giovanni Scudellari.
Minardi è stato invece rinviato a giudizio per un’altra accusa di associazione, quella finalizzata, attraverso false fatturazioni, all’evasione dell’Iva, le cui indagini erano state avviate a fine 2004 dalla Guardia di Finanza di Ravenna (nel marzo 2005 la Minardi venne perquisita). Su questa accusa Minardi è assolutamente tranquillo: fin dall’inizio ha sempre sostenuto di essere stato all’oscuro del ‘carosello’ di finte società attraverso cui passavano le auto di importazione parallela dalla Germania, «anche perchè il prezzo di acquisto era in linea con i prezzi di mercato». Che quelle società fittizie esistessero e che questo servisse all’evasione dell’Iva appare certo, ma ad essere avvantaggiato — ha sempre sostenuto l’avvocato Giovanni Scudellari — «non era Minardi», ma erano altri. E ora il difensore aggiunge: «La materia è molto complessa, la giurisprudenza ci dà ragione e al dibattimento dimostreremo la nostra estraneità».
Carlo Raggi