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TRE CONDANNE, a pene fra dieci mesi e un anno di reclusione (con la sospensione) e otto assoluzioni: è la sentenza letta alle 13.30 di ieri dal gip Cecilia Calandra per la morte di Luca Vertullo, il ventunenne rimasto ucciso nella stiva del traghetto Espresso Catania, al suo primo giorno di lavoro, l’1 settembre del 2006. Sono stati condannati il legale rappresentante della Cooperativa portuale, Roberto Casadio (un anno di reclusione per l’omicidio colposo e 30 giorni di arresto per la violazione contravvenzionale), Massimo Verità, dipendente della Cooperativa Portuale nella qualità di preposto caponave (otto mesi di reclusione e 10 giorni di arresto per le violazioni) e Michele Incardona, proprietario del semirimorchio che veniva stivato e che schiacciò Vertullo (un anno di reclusione e venti giorni di arresto). Sono stati assolti: Isidoro Mucciolini, legale rappresentante della Impresa compagnia portuale, Roberto Antonioli, responsabile del Servizio di prevenzione e protezione della Cooperativa portuale, Roberto Rubboli, legale rappresentante della Compagnia portuale, Giuseppe Poggiali, legale rappresentante della Spedra, Luca Antonellini, legale rappresentante della T&C; Traghetti e crocere, William Dosi, responsabile del Servizio di prevenzione e protezione della T&C; (il fatto non sussiste), Pietro Casadei, secondo preposto e caponave (per non aver commesso il fatto) e Francesco Conficconi, dipendente della Cooperativa portuale e autista del trattore stradale che muoveva il semirimorchio (il fatto non costituisce reato). «L’ipotesi accusatoria è stata accolta solo in parte. Nei capi di imputazione e in requisitoria era stata messa sotto accusa l’intera organizzazione del lavoro di imbarco dei mezzi nel traghetto. Ma il giudice ha ritenuto non provato questo assunto: quando saranno state depositate le motivazioni, presenterò appello contro la sentenza»: è il giudizio a caldo del pm Cristina D’Aniello. Il quale pm, proprio per evidenziare maggiormente l’impostazione accusatoria di carenza di un adeguato piano di sicurezza per le operazioni di imbarco riferibile non solo alla Cooperativa portuale, ma anche alle altre società sinergicamente impegnate delle attività (ovvero T&C;, Compagnia e Impresa Portuale), aveva chiesto l’assoluzione non solo del preposto Casadei (che al momento del fatto era incaricato di controllare sulla banchina le targhe dei mezzi imbarcati), ma anche e soprattutto del capoposto Verità il cui compito avrebbe dovuto essere proprio quello di sovrintendere le operazioni di imbarco anche sotto il profilo dell’osservanza delle norme di sicurezza. Il pm aveva però ritenuto inesigibile tale condotta proprio per le carenze del piano di sicurezza addebitabili ai vertici delle società indicate. Carenza evidenziata anche dal fatto che Verità era stato incaricato di seguire contemporaneamente due squadre, una nella stiva e una sul ponte e quando avvenne la sciagura, si trovava proprio sul ponte.
LA SENTENZA del giudice Calandra (le motivazioni si conosceranno fra 90 giorni) limita invece le responsabilità alla sola Cooperativa portuale, ovvero alla società che in concreto forniva uomini e mezzi per le attività di imbarco dei mezzi, avendo ricevuto l’incarico dall’Impresa Portuale cui a sua volta era stata sub appaltata dalla T&C; Traghetti e Crocere alla quale erano commissionate dalla Tirrenia, l’armatore del traghetto (la Spedra era incaricata di redigere il piano di carico: la sua responsabilità era già stata ritenuta esclusa dal pm che aveva chiesto l’assoluzione di Poggiali). In sostanza, par di capire (dai tre capi di accusa contravvenzionali per i quali è scattata l’assoluzione di Casadio), il giudice ha ritenuto sufficiente il piano di sicurezza, pur se redatto in termini forse di genericità, e tale che se fosse stato osservato, avrebbe impedito l’evento luttuoso e ha individuato quindi nella società che eseguiva in concreto le operazioni, la Cooperativa portuale, il soggetto responsabile, unitamente (ma questa è una considerazione che chiaramente non traspare dal dispositivo) al ‘padrone di casa’, ovvero il comandante del traghetto — Paolo Grassi — unico, in apertura di udienza preliminare, a patteggiare la pena — 10 mesi di reclusione — (così che correttamente si deve dire che per la morte di Vertullo le sentenze di condanna si riferiscono al momento a quattro imputati). L’assoluzione di Conficconi, autista del trattore stradale, era stata chiesta anche dal pm D’Aniello. In questo caso anche il giudice ha riconosciuto che nessun rimprovero gli poteva essere mosso nel momento in cui stava manovrando un semirimorchio in sovrappeso e il cui sistema frenante era difettoso, tale addirittura da sottrarre energia all’impianto frenante del trattore. Ed è proprio per le carenze tecniche del semirimorchio che è scattata la condanna del proprietario, Incardona. Proprio per il difettoso sistema frenante il pesante mezzo slittò sul piano di stiva in notevole pendenza, sbandò e schiacciò Vertullo. Difensori gli avvocati Ermanno e Claudio Cicognani, Giovanni Scudellari, Alessandra Fattorini, Domenico Benelli, Filippo Sgubbi, Roberto Ridolfi, Luigi Stortoni, Marco Martines, Pierguido Soprani, Maurizio Taroni e Mauro Cellarosi.
Carlo Raggi