"Un viaggio in giro per il mondo attraverso le tradizioni culinarie"

La faentina Martina Liverani e il suo ‘Atlante di geogastronomia’: "Il cibo aiuta a far svanire i confini territoriali".

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di Benedetta Cucci

Proprio durante il lockdown, Martina Liverani ha chiuso il suo ultimo volume, che doveva essere pubblicato lo scorso aprile. Con Atlante di geogastronomia (Rizzoli), l’editrice (con il magazine Dispensa) e scrittrice di Faenza, già un anno fa aveva pensato di raccontare il mondo scoperto e assaggiato, in tanti anni di viaggi, con aerei diretti verso destinazioni consumate in poco meno di 48 ore. Poi quel mondo si è fermato. I confini sono stati chiusi, le persone si sono dovute arrestare, ma la cultura del cibo non si è spenta.

Liverani ha ripercorso il piacere del viaggio, semplicemente stando seduta alla scrivania di casa e preparando lei stessa alcune ricette che non era riuscita ad assaggiare sul posto per finire il libro, come il Khachapuri, un pane ripieno di uovo e formaggio. Sarà questo, per il lettore che si farà incuriosire da una nuova narrazione geografica della terra partendo dal cibo, un inedito e confortevole peregrinare attorno a un universo tutto da assaporare. Nell’Atlante, pensato graficamente come i libri di carte geografiche, le nazioni sono quelle dei pani, dei tortelli, dei risi, del pollo, del caffè, dei riti appetitosi quali la colazione, il digiuno, il convivio.

Liverani, qual è stata per lei l’idea di partenza?

"È un atlante geografico senza accademismi, perché è il mio atlante, non completo, relativo alle esperienze che ho conosciuto e raccolto personalmente. Sin dall’inizio volevo dimostrare che il cibo, come la politica e la storia, ha quel potere di disegnare dei confini che sono altrettanto credibili, accettati, rilevanti".

Se pensiamo alla sua regione, il cibo tratteggia fine e inizio di tanti territori.

"Vero, l’Emilia e la Romagna non sono divise se non da un trattino, ma il cibo plasma le differenti identità. Poi ci sono alcuni cibi, come i cappelletti, che sconfinano nelle Marche: due regioni divise amministrativamente, ma unite nel nome di un piatto simbolo. L’esempio più eclatante, in generale, è il Mediterraneo, una grande area culinaria che ingloba tre continenti, parla attraverso oltre duecento lingue, si esprime spiritualmente con tre grandi religioni monoteiste... Ma trovano conforto culinario negli stessi piatti che vanificano i confini".

Lei è romagnola, adora la sua terra, ma riesce sempre a essere obiettiva: nel libro ci solo solo la piadina e gli spaghetti alla bolognesi, menzionati per essere un falso...

"La piadina l’ho inserita perché è un’interpretazione del pane, e visto che in un capitolo parlo dei ‘cibi di mondo’, che sono un po’ come la ‘gente di mondo’, andava messa di rigore. E ho sempre trovato curioso che gli spaghetti alla bolognese, per i quali mi sono fatta aiutare dalla professoressa Albanese dell’Università di Bologna, si trovino ovunque, tranne che a Bologna. Parlando delle fake traditions, non potevo ometterli: sono nati negli Stati Uniti, forse frutto di nostalgia, diventando però simbolo di una cucina italo-americana anche senza avere una vera storia o radice".