Ravenna, 11 agosto 2010 - UN ANNO dopo il lieto fine, il sequestro del Buccaneer nelle acque somale è ancora un mistero che alimenta sospetti e polemiche. Era il 9 agosto 2009 quando i 16 marinai della nave della Micoperi (10 italiani, sei rumeni e un croato) furono liberati dai pirati somali, che li tenevano in ostaggio dall’11 aprile nel golfo di Aden, e recuperati dalla nave ‘San Giorgio’ della Marina militare. Ora un libro-inchiesta su quei 119 giorni rilancia la tesi del pagamento di un riscatto di quattro milioni di dollari (sempre smentito sia dalla Farnesina sia dalla società ravennate).


Quel maledetto viaggio nel mare dei pirati (edito da LiberoReporter) si basa in gran parte sul racconto di Giovanni Vollaro, uno dei tre ostaggi campani (gli altri sono Vincenzo Montella e Bernardo Borrelli), e sulle testimonianze delle rispettive famiglie. A firmare l’inchiesta sono Gaetano Baldi, Ferdinando Pelliccia e Daniela Russo, che hanno seguito la vicenda dall’inizio, pubblicando alcune decine di articoli sul loro giornale online e sul mensile ‘Liberoreporter’.

«È stata la sorella di Borrelli a contattarci per prima — racconta Baldi, direttore della rivista. — I familiari erano disperati perché la Farnesina non dava loro il minimo sostegno. Fino a un certo momento, era come se le trattative non ci fossero: di fatto il governo somalo non esiste, controlla la capitale Mogadiscio e poco altro, ed era difficile trovare interlocutori». Le notizie, prosegue il giornalista, arrivavano esclusivamente dagli stessi prigionieri, ai quali periodicamente veniva permesso di ricevere chiamate su un telefono satellitare. «Le spese per queste telefonate erano enormi, tanto che ad alcune famiglie è stato staccato il telefono. Io stesso chiesi al ministro Frattini, attraverso Facebook, di fare in modo che le bollette fossero sospese, ma non ricevetti una risposta soddisfacente».


La questione centrale, tuttavia, resta quella del riscatto. Lo scorso gennaio, un articolo di ‘Repubblica’ aveva riportato alcune indiscrezioni filtrate dalla procura di Roma: secondo i primi risultati delle indagini del pm Pietro Saviotti, l’intelligence militare italiana avrebbe pagato quattro milioni di dollari, uno in più di quanto chiesto dai sequestratori. La versione del ministro Frattini, invece, nega che sia stato tirato fuori un soldo: la liberazione di nave e ostaggi è stata merito «della forza della politica, dell’impegno del primo ministro somalo e di un eccezionale lavoro di intelligence, che hanno convinto i sequestratori che non esisteva alternativa che desistere». Ora il libro dei tre cronisti di LiberoReporter riporta un ‘sogno’ di Vollaro durante la prigionia: qualcuno porta il denaro sulla nave, i pirati lo contano servendosi dei contabanconote usati nelle banche. Poi, con delle cinture, si fissano le mazzette di banconote al ventre e abbandonano la Buccaneer. Ma il marinaio si risveglia, e purtroppo scopre che era solo un sogno.


«La trattativa — dice Baldi — ha contorni poco chiari. Vari intermediari si sono incrociati, e questo può spiegare il pagamento di quattro milioni, uno in più di quanto chiesto dai pirati: probabilmente ci sono state due trattative parallele, una del governo e una della Micoperi. Qualcuno, poi, si fingeva pirata senza esserlo davvero: tra i somali che avevano accesso alla nave, per esempio, c’era un mediatore accreditato presso la Farnesina, che conosceva l’italiano. Vollaro, Borrelli e Montella, per non farsi capire da lui, parlavano con le loro famiglie in napoletano stretto».


Un altro aspetto controverso è quello che riguarda i cinque ostaggi rumeni. «Siamo stati gli unici a diffondere i loro nomi — sostiene Baldi — perché tra i due ministeri degli Esteri non c’era alcun canale di dialogo, e sembrava che tutti si fossero disinteressati di loro. In seguito sono state le cinque mogli a mettersi in contatto con noi: nessuno forniva loro la minima informazione».