Ravenna, 28 giugno 2012 - OLTRE a tanti soldi e ore di lavoro per realizzare una casa che non vedranno mai finita, hanno perso anche il sonno. Ma non la voglia di lottare. Da due notti gli ‘autocostruttori’ dei 14 alloggi di Filetto occupano il cantiere della vergogna, fermo da tre anni e destinato a rimanere uno scheletro di cemento dopo il crac della ditta appaltatrice Alisei. Brutta storia di un piccolo business rivelatosi un bluff, dalla quale il Comune, che un protocollo di intesa impegnava a «coordinare, sovrintendere e vigilare» sull’opera, esce a tesa bassa (eufemismo).

«Quanto resteremo lì? Fin tanto che non sarà trovata una soluzione», è deciso Matteo Mattioli, uno dei soci della cooperativa ‘Mani Unite’ che un gruppo di famiglie a basso reddito, otto straniere e sei italiane, formarono proprio per partecipare al bando che il Comune indisse per scegliere i ‘fortunati’ che avrebbero potuto costruirsi da sé la casetta a costi ultra vantaggiosi. Ma da Palazzo Merlato escono risposte che suonano come campane a morto: soluzioni in vista, zero. Per completare i lavori, infatti, servirebbe un milione di euro che nessuno sa dove trovare.
 

URGE riassunto. Il progetto nasce nel 2004 quando la giunta Mercatali sigla con Alisei Srl un protocollo d’intesa per l’autocostruzione di alloggi in via Malmesi a Filetto ma anche a Savarna e Piangipane, su aree Peep concesse dall’amministrazione in diritto di superficie per 99 anni. A Piangipane, pur tra mille difficoltà, i lavori vengono completati, idem a Savarna ma solo grazie a 20mila euro ad alloggio che la Regione, col tramite del Comune, ha promesso sebbene non ancora concesso.

La coop che si forma a Filetto è composta da 14 proprietari chiamati a dividersi due palazzine con 8 e 6 appartamenti. Il nucleo straniero, previsto dal bando comunale, è composto da due famiglie del Camerun, due marocchine, una algerina e tre sudamericane. La ditta Alisei ha il compito di garantire la ‘regia’ e la direzione lavori, nonché di fornire i materiali. Eppure gli autocostruttori cominciano a sentire puzza di bruciato già nel 2008, quando i lavori dovevano essere già finiti e invece le due palazzine sono appena al grezzo, Alisei ritardava la fornitura di materiali incolpando ‘la crisi’. «Il presidente di Alisei — ricordano gli autocostruttori — ci disse che i soldi li avevano usati per l’apertura di un altro cantiere». Risultato, da luglio 2009 è tutto fermo e nel maggio 2010 Alisei è fallita. La coop di autocostruttori aveva ottenuto da Banca Etica un fido di 1 milione e 245mila euro e ora la banca stessa ne rivuole indietro 1 e 288, interessi inclusi.
 

«ABBIAMO buttato via più di 1500 ore di lavoro a famiglia — e adesso abbiamo questo debito con la banca che non sappiamo come coprire. L’allora assessore Farabegoli ci rassicurava: ‘in 12 mesi entrate nelle vostre case’. Poi, visto che situazione non si sbloccava, la giunta ha cominciato a cambiare versione, dicendo che loro non hanno responsabilità ma sono solo intermediari. Abbiamo rincorso gli assessori e il sindaco, che non ci hanno considerato neppure nell’ipotesi di darci assistenza legale. Ora siamo stanchi». Da qui, epilogo disperato di una situazione irrimediabilmente incancrenita, l’idea di occupare il ‘loro’ cantiere, dove hanno portato coperte e materassi per la notte. Mentre stasera è in programma un’altra riunione in Comune dalla quale gli autocostruttori si aspettano risposte meno evasive rispetto a quelle sentite anche ieri in commissione consiliare.

di Lorenzo Priviato