Ravenna, 17 marzo 2013 - La grande inchiesta sulle morti da amianto nel petrolchimico di Ravenna a partire dal 1970 e fino al dicembre 2011 è conclusa. Le persone indagate sono cinquanta, ovvero consiglieri di amministrazione e massimi dirigenti dell’Anic-Enichem nel corso degli ultimi decenni: quasi la metà di questi verrà comunque cancellata dall’elenco di imputati, in quanto deceduti. Per tutti, l’ipotesi di reato è quella di omicidio colposo aggravato per non aver adottato misure adeguate a impedire la dispersione delle polveri di amianto e la loro diffusione nell’ambiente di lavoro. L’indagine, avviata agli inizi del 2010, è stata coordinata dal pubblico ministero Roberto Ceroni e ha visto operare sul campo i carabinieri del Nucleo investigativo di Ravenna e i tecnici del servizio di Medicina del lavoro dell’Ausl. La notifica formale della conclusione avverrà solo quando la Procura della repubblica avrà informatizzato tutte le migliaia di documenti raccolti: dovrebbe essere comunque a breve.

A far scattare l’indagine era stato uno studio statistico dell’Inail pubblicato nel 2009, secondo cui a Ravenna il numero di lavoratori deceduti fra il 1970 e il 2008 per malattie amianto correlate, in particolare mesotelioma pleurico e carcinoma polmonare, aveva raggiunto quota 156. Lo studio balzò all’attenzione del pm Ceroni che da poco aveva ricevuto la delega a trattare gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Negli anni successivi al 2008 il numero dei decessi amianto correlati non si è certo fermato e la previsione è che per una serie di motivi aumenti sempre di più: il periodo di latenza della malattia è di trenta, quaranta anni, nel Ravennate il Petrolchimico ha iniziato a lavorare a fine anni Cinquanta e solo nel 1992 l’amianto è stato bandito da ogni ciclo produttivo attivo. Va da sé che le imputazioni di omicidio colposo riguardano le sole morti avvenute entro gli ultimi dodici anni, essendo tale il periodo di prescrizione del reato.

L’inchiesta è stata estremamente laboriosa in quanto è stato necessario cercare e acquisire le cartelle cliniche relative ai lavoratori deceduti nel corso degli anni per malattie appunto collegate all’amianto; dopodichè, per ogni persona è stata ricostruita la storia lavorativa così da individuare i legali rappresentanti e i componenti dei consigli di amministrazione di Anic-Enichem succedutisi nel periodo fra l’avvio al lavoro della persona poi deceduta e la fine della sua attività lavorativa. Le malattie da amianto sono definite dose-correlate e quindi anche l’aver impedito la continua inalazione delle fibre nel corso degli anni viene individuata come una condotta da incriminare, in quanto è dimostrato che dosi massicce di fibre accelerano il processo morboso e quindi la morte.

L’indagine del pm Roberto Ceroni ha avuto tempi dilatati anche per la necessità di inserire l’ultimo decesso segnalato, nel 2011, quello di Loris Cimatti: abitava a Mandriole e aveva lavorato all’Anic-Enichem per circa trent’anni. Nel novembre del 2010 la malattia si manifestò e un anno dopo l’uomo, di 64 anni, morì; i particolari macchinari utilizzati per l’indagine di laboratorio sui frammenti polmonari hanno permesso di individuare il numero esatto di fibre depositate per centimetro quadrato. Proprio questo caso servirà a far spostare di molto in avanti le lancette della prescrizione.

Carlo Raggi