REDAZIONE RAVENNA

"A casa tua dormi sul divano e niente sesso con tuo marito"

Una breve relazione clandestina si trasforma in un incubo per una donna e per la sua famiglia.

Una relazione clandestina durata 50 giorni è finita in tribunale con una richiesta di condanna a tre anni e sei mesi. Protagonisti, una donna sposata e un uomo calabrese di circa quarant’anni, accusato di stalking, violenza privata, estorsione e danneggiamento. I fatti, avvenuti a Riolo Terme, risalgono all’inizio del 2019. La sentenza del giudice Cristiano Coiro è attesa per settembre.

La vicenda comincia sui social, dove i due si conoscono e avviano presto una relazione clandestina. Lui, originario di Cosenza, si sarebbe persino trasferito temporaneamente per stare più vicino alla donna. Ma, secondo l’accusa, avrebbe presto mostrato un lato ossessivo e violento.

L’uomo avrebbe iniziato a controllarla in modo pressante: voleva sapere ogni suo spostamento, le imponeva di non dormire col marito e la obbligava a mandargli foto per dimostrare che dormisse sul divano. Telefonate, messaggi, frasi minacciose e deliranti: “Se vedo dei messaggi cancellati ti faccio camminare sulle ginocchia”, “Ti faccio la croce io”, “Ti taglio la gola”. A queste parole, avrebbe fatto seguire anche comportamenti fisici aggressivi: in un’occasione avrebbe scaraventato la donna contro delle mensole, ferendola.

Ma la sua rabbia non si sarebbe fermata lì. Avrebbe contattato il marito della donna, mostrandogli foto e video intimi, e minacciato anche un’amica della moglie, colpevole solo di aver ascoltato le sue confidenze. La situazione sarebbe degenerata ulteriormente quando lui, ritenendosi creditore di 400 euro, avrebbe preteso dal marito la restituzione di quella somma – secondo l’accusa, con modalità estorsive. Di fronte al rifiuto, avrebbe danneggiato l’auto dell’uomo a calci, rompendo un tergicristallo e rendendo il mezzo inutilizzabile.

L’imputato è difeso dall’avvocato Giorgio Vantaggiato, secondo il quale l’accusa di estorsione sarebbe eccessiva: il denaro, sostiene la difesa, derivava da un conto cointestato acceso dai due amanti per spese comuni come l’albergo, e la somma richiesta era semplicemente quanto restava dei versamenti. Per questo, avrebbe chiesto di riqualificare il reato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Inoltre, gran parte delle accuse – violenza privata, stalking e danneggiamento – sono perseguibili solo a querela di parte. E in questo caso, la querela è stata presentata non dalla donna, ma dal marito, che successivamente l’ha anche ritirata. Per la difesa ci sarebbero dunque gli estremi di un non luogo a procedere.

l. p.