"Zogn zogn zogn, cus’ aiet int e’ tu pogn". Una canta romagnola intitolata appunto “giugno” e musicata dal Maestro Guido Bianchi, interroga il mese e si chiede cos’abbia in pugno. E giugno risponde che ha un tesoro, il grano, che in questo mese e in quello successivo viene mietuto per il nostro pane. È in occasione della guazza di San Giovanni che si taglia il grano e un detto di Umberto Foschi ci rammenta che, quando il grano ha avuto la guazza, bisogna prendere la falce e andare a tagliare. Era usanza a proposito della guazza, sfregarsi gli occhi come segno propiziatorio. I nostri vecchi poi dicevano che, se in questo periodo la vite fa l’uva, si sarebbe vendemmiato poco in un successivo anno.
Un altro proverbio che ci ricorda Spallicci, riguarda i fichi e suona: "Par Sa Pir i figh int e’ panir". È il momento propizio per raccogliere i primi fichi, quelli che Ercolani, lo studioso di Bastia ha chiamato col termine Matalon. Giugno è un mese ricco sotto diversi aspetti. I giorni si sono allungati e il tempo dovrebbe, dico dovrebbe, essere buono, e fra tutte le stelle va ricordata la stëla buvarena, ossia Venere, chiamata così perché segnava l’alzata del bovaro. Per San Pietro e Paolo, nell’ultima decade di giugno, si è nel momento dell’anno in cui Venere tramonta più tardi. Ho ricordato la solennità dei santi Pietro e Paolo, ma l’agiografia del mese riserva le feste di grandi santi quali Antonio di Padova il 13 giugno e del citato San Giovanni Battista, il 24 giugno, molto ricordato specie in Romagna, conosciuto anche come Sa Zvân dla zola. Qui a Ravenna una chiesa del XVII secolo ormai anch’essa chiusa al pubblico è a lui dedicata. Ma ben lo conoscono i cesenati che lo festeggiano come patrono della città.
Ricordo che da bambino in questo mese già si girava scalzi lungo la cavedagna, privilegio per chi viveva in campagna, felice perché erano iniziate le sospirate vacanze dopo un anno di scuola. Altre usanze per i ragazzi di città che festeggiavano la fine della scuola, come del resto anche oggi, con una corsa al mare. La poetessa Ada Negri in “Cielo di giugno” ha scritto: "Cielo di giugno, azzurra giovinezza dell’anno, e allegrezza di rondini sfreccianti in folli giri nell’aria". Ma ormai anche le rondini ci hanno lasciato. Nevio Spadoni