A messa da don Raffaele: "Io come don Camillo? Mi piace"

Ieri due cerimonie e altrettante code di omelia, una soft e l’altra più puntuta, del parroco messo sotto accusa da alcuni fedeli

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Ruvido e diretto, dichiaratamente anti comunista, tradizionalista e, dicono i parrocchiani, insistente nelle richieste di denaro, "perché con venti persone a messa la chiesa in inverno non ha senso che resti aperta". Tutto si potrà dire di don Rafael Wojciech Szarek, più semplicemente don Raffaele per gli abitanti di Casal Borsetti. Di certo non gli si può negare una certa abilità nel trattenere il proprio uditorio e nel parare le critiche. Le accuse, veicolate anche in una lettera al vescovo, sono finite sul giornale. Si capisce che la cosa gli ha dato fastidio, ma in parte ne sembra lusingato: "Mi hanno paragonato a don Camillo... Sì, mi piace don Camillo, simbolo del prete non corrotto e amichevole", ha detto ieri al termine delle prima messa, quella delle 8 del mattino. Un supplemento di omelia, dopo quella più dogmatica sul significato e l’importanza della preghiera e del Padre nel ’Padre nostro’. Prima della benedizione che chiude la celebrazione don Raffaele sale sul pulpito e dice ciò che pensa. Si riferisce a chi lo ha messo sul banco dell’accusa. Difende l’iniziativa della raccolta fondi sebbene con Iban diverso da quello del conto parrocchiale ("tutto trasparente") e, rivolgendosi a una platea di fedeli che per la maggior parte sono turisti, laddove gli si imputa di chiedere loro soldi con insistenza, ammette: "Io propongo, ma non costringo nessuno". Non gradisce, tuttavia, che lo si accusi di fare politica. "Chi lo scrive guardi almeno Wikipedia: studiando da preti dobbiamo fare teologia morale e sociale. Il prete in chiesa non può certo appoggiare chi è per l’aborto, chi è contro la dignità dell’uomo e della donna. Non è politica, ma teologia morale". Il primo don Raffaele, quello delle omelie plurime delle 8, è conciliante e diplomatico, usa il fioretto e sorride, il tono di voce pacato.

È una mattinata torrida, a Casal Borsetti. La piccola chiesa di San Lorenzo alle 10 è un forno. Seconda messa, platea un po’ più ampia, presenti più parrocchiani autoctoni. Parte di nuovo soft, don Raffaele, ma d’un tratto innesta la quarta e si fa puntuto. I richiami alla sua Polonia sono frequenti. Il tono di voce sale. Parla dei comunisti, che almeno "in Polonia agivano in modo più segreto". Poi dei parrocchiani ("uno o due") che hanno scritto al vescovo e informato il giornale, che vede come traditori. E il politico che talvolta viene a messa da lui? "Dovrebbe stare al partito". Ce n’é per tutti, anche per il Comune, che a suo dire lo snobba: "Chi è che in inverno prepara i pacchi per i poveri? Io, non il Comune. In altre città appena la Chiesa presenta un progetto il Comune la aiuta. Non qui". Chissà se i fuochi d’artificio sono finiti.

Lorenzo Priviato